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12/20/2015

La Nota del FMI che ha aperto la strada alla Rivoluzione del Bail-In

L’analista finanziario Daniel Amerman analizza una “Nota  di discussione” del FMI del 2012, intitolata “Dal Bail-Out al Bail-In”, in cui forse per la prima volta si prospetta l’audace piano per risolvere  il problema delle crisi finanziarie sistemiche: considerare i depositanti e gli investitori come degli “assicuratori” delle banche, e  far loro assorbire le perdite, senza dover mettere in gioco salvataggi pubblici, aumenti di pressione fiscale o di debito pubblico.  Naturalmente il ritorno a una sana repressione finanziaria e a una banca centrale prestatrice di ultima istanza non è nemmeno contemplato. 

di Daniel Amerman – La buona notizia è che il colpevole è stato trovato, il problema risolto, e grazie agli sforzi eroici di politici e regolatori di tutto il mondo, non avremo mai più bisogno di preoccuparci di nuovo che il fallimento delle grandi banche possa distruggere l’economia mondiale.
La cattiva notizia è che il colpevole globale si è scoperto essere… tu. Tu e il tuo rapporto vergognosamente egoista con i tuoi depositi bancari, gli investimenti, le polizze assicurative e le pensioni.
Sembra che il vero cuore del problema non siano mai state le banche che fanno cattivi investimenti, o piani pensionistici sottofinanziati.
Oh no, la questione di fondo sin dall’inizio era la tua aspettativa egoista di avere il diritto di riavere indietro tutti i tuoi soldi. O il tuo piano assicurativo pagato. O di ricevere tutti i pagamenti della pensione contrattualmente previsti.
Quindi, se una grande banca, un fondo pensione o una società finanziaria si mette nei guai e in tal modo mette in pericolo la stabilità del sistema finanziario, la terapia non richiede un costoso salvataggio governativo (bail-out). Piuttosto, la soluzione davvero molto moderna e molto meno costosa per governi e aziende è semplicemente quella di decidere che non hai più diritto ai soldi che pensavi di avere.
E poiché non devono più pagarti tutto il dovuto, il fondo pensione o la banca ora possono rimanere solvibili, non viene attivata nessuna bancarotta o crisi finanziaria, il governo non deve pagare nulla, e il problema è risolto.
Anche se ho usato un po’ di humor nero, non vi sbagliate: c’è in corso un cambiamento fondamentale che riguarda la natura stessa del risparmio, degli investimenti e della sicurezza della pensione, ed è abbastanza reale.
L’ordine finanziario globale è quasi crollato nel 2008 ─ e, successivamente, il G20 ha ordinato che andavano trovate nuove soluzioni. Questi cambiamenti fondamentali nelle norme finanziarie sono stati in corso di sviluppo a livello internazionale per alcuni anni, e alcuni sono stati ufficialmente adottati come politica finanziaria globale ad un vertice del G20 nel novembre del 2014.
I rating delle grandi banche sono già stati modificati negli Stati Uniti e in Europa a causa di questi cambiamenti normativi. I primi casi di applicazione di queste norme alle crisi del mondo reale si sono già verificati, con il sistema bancario cipriota e il sistema pensionistico polacco.
Secondo una delle applicazioni di questo nuovo approccio alla soluzione delle crisi finanziarie di banche e società (anche se non è un risultato diretto del vertice G20), gli obblighi previdenziali delle società negli USA potrebbero presto essere cambiati per  legge, con una riduzione dei pagamenti ad alcuni pensionati.
Se, e in che modo, tutto questo potrebbe influenzarvi personalmente è una questione aperta – molte questioni specifiche sono ancora in evoluzione mentre i negoziati vanno avanti, le versioni differiscono da paese a paese, e, in definitiva, tutto è legato al tipo e alla gravità della crisi che potrebbe verificarsi in futuro.
Detto questo, si tratta di una faccenda rivoluzionaria. Non vi è mai stata insegnata a scuola – anzi contraddice alcuni dei fondamenti dell’istruzione finanziaria tradizionale. E mentre è possibile che possa anche non toccarvi personalmente – c’è anche la possibilità che possa cambiare ogni aspetto della vostra vita quotidiana e del vostro tenore di vita, in particolare nell’età della pensione. Perciò vale la pena di esplorare quello che cambia in questo nuovo approccio globale, e qual’è il rischio.
La rivoluzione del bail-in
Quando le rivoluzioni cominciano, non è raro che quasi nessuno le noti. Potrebbero volerci anni o addirittura decenni prima che gli storici possano guardare indietro, puntare il dito e dire “ecco dove realmente  è cominciato tutto”.
Come risultato della direttiva del G20 di trovare nuove soluzioni finanziarie, un’oscura “Nota di Discussione interna” del Fondo Monetario Internazionale potrebbe avere dato inizio alla rivoluzione del “bail in”, che potrebbe trasformare il mondo degli investimenti globali.
In questo significativo documento, lo staff discute di un mondo in cui i rischi per il sistema finanziario globale non sono scomparsi – anzi sono peggiori che mai. Come candidamente ammesso, il problema “SIFI” (Sistemically Important Financial Institution [istituzione finanziaria di importanza sistemica, NdT]) non è migliorato, è invece andato peggiorando come non mai – e non sembra esserci alcuna soluzione sotto il diritto contrattuale e il diritto fallimentare vigenti.
Un rischio enorme è concentrato in poche istituzioni finanziarie, e non vi è modo, sotto il diritto esistente, di gestire il fallimento di una di queste istituzioni senza rischiare di innescare un caos finanziario globale. Inoltre, vi è un circolo vizioso letale tra queste istituzioni “troppo grandi per fallire” e i governi sovrani. Cioè, secondo lo staff del FMI, il salvataggio di queste enormi istituzioni può far fallire i governi sovrani e i governi sovrani andando in bancarotta possono spazzare via le istituzioni “troppo grandi per fallire”.
Così lo staff del FMI ha messo a punto un audace piano per far uscire il mondo da questa situazione apparentemente impossibile. La parola chiave è “assicurazione”.
La proposta è di prendere classi selezionate di investimenti, e decidere con effetto retroattivo che queste attività non sono affatto attività. Infatti, i proprietari di queste attività hanno accettato – senza rendersi conto di averlo fatto – di fornire un’assicurazione al sistema finanziario globale. Quindi, se si presenta una grave crisi, il sistema finanziario globale semplicemente va da questi ignari “assicuratori” e si serve efficacemente dei loro attivi, e la crisi è risolta. E’ una soluzione miracolosa!
Ora, c’è il problema che alcuni investitori potrebbero effettivamente opporsi a un tale prelievo dei loro beni di investimento a vantaggio del bene più grande della società. Questo è esattamente il motivo per cui il FMI raccomanda che ciò avvenga per mezzo di una legge, in modo che sia scavalcato il diritto contrattuale – e che sia indipendente dalla volontà, senza che sia necessario il permesso dell’investitore. Dovrebbe essere anche retroattivo, se necessario, per applicarlo così alle persone che già possiedono queste categorie di investimenti.
Dopo i bail-in delle banche cipriote e del sistema pensionistico polacco, lo sviluppo di procedure di bail-in si sta diffondendo rapidamente in tutto il mondo, compresa l’Unione Europea, il Canada e gli Stati Uniti. La cosa affascinante e inquietante – anche se forse non sorprendente – è come i politici a livello globale stiano in pratica completamente cambiando il concetto di “bail-in”, lasciando da parte le modifiche proposte dal FMI che avrebbero potuto costringere a genuine riforme bancarie e aumentare potenzialmente la stabilità finanziaria globale, e invece stanno creando una minaccia ancora maggiore per gli investitori.
Un mondo a rischio
La nota di discussione per lo staff del FMI è intitolata “Dal Bail-Out al Bail-In: la ristrutturazione obbligatoria dei debiti delle istituzioni finanziarie sistemiche“. Originariamente pubblicata nel 2012, potrebbe essere considerata una delle fonti documentali del movimento globale per i bail-in. La nota è disponibile sul sito web del Fondo Monetario Internazionale, e questo è il link per il download del PDF.
(Vale la pena leggere la discussione originale, e questa analisi si riferisce a particolari pagine all’interno del documento. Notare che le pagine del documento reale hanno una numerazione diversa da quella del documento in formato PDF)
Una delle principali questioni affrontate nel documento è proprio il motivo per cui il FMI ritiene che il mondo abbia bisogno di questi grandi cambiamenti nelle leggi e nel modo in cui sono trattati gli investimenti.
Mentre nei media abbondano i titoli che inneggiano all’aumento dei mercati azionari e al miglioramento delle condizioni, a quanto pare invece, lo staff del Fondo Monetario Internazionale vede un quadro ben diverso. Quello che vede sono seri rischi per l’ordine finanziario globale, causati dalle maggiori istituzioni finanziarie di tutto il mondo – alle quali si riferiscono come SIFI, altrimenti note come istituzioni “troppo-grandi-per-fallire”.
Come documentato a pagina 4 (pagina 5 del PDF), ​​ci sono tre modi diversi in cui il fallimento anche di un solo SIFI può mettere in pericolo l’intero ordine finanziario globale.
Il primo grande rischio è il “rischio diretto di controparte”; le SIFI hanno una rete straordinariamente complessa di centinaia di migliaia di miliardi di dollari di contratti e obbligazioni intrecciate tra di loro. Il fallimento di una singola SIFI potrebbe innescare una reazione a catena di perdite che si diffonderebbero come un domino, abbattendo  una SIFI dopo l’altra – come anche altre banche e investitori di tutto il mondo.
Il secondo grande rischio è quello della  “liquidità”. Poiché le SIFI fanno molto affidamento sui prestiti, se le fonti dei loro finanziamenti in caso di problemi fuggono via, questo lascerebbe le SIFI potenzialmente insolventi, a meno che non possano vendere rapidamente le loro attività per rimborsare i creditori, cosa che farebbe crollare rapidamente i prezzi, e con tutti che mettono in vendita contemporaneamente le loro attività si potrebbe creare una “svendita” globale degli investimenti sufficiente a mandare in crash il sistema finanziario mondiale nel giro di pochi giorni.
Il terzo grande rischio  è quello del  “contagio”, dove il fallimento – o addirittura il possibile fallimento – di un istituto importante provoca il panico nei mercati, cosa che di per sé è più che sufficiente a far crollare l’ordine finanziario globale. Dopo tutto, la percezione può creare e crea la realtà, quando si tratta di mercati finanziari.
Ora, tutti questi rischi hanno ricevuto una grande attenzione, dopo che il sistema bancario globale è quasi andato a rotoli nel 2008, e in teoria avrebbero dovuto prendersene cura limitando la capacità delle SIFI di correre rischi, e anche riducendo la percentuale delle attività finanziarie globali detenute dalle SIFI.
Tuttavia, come documentato in fondo a pagina 4 (pagina 5 PDF) – questo in pratica non è stato fatto.
Al contrario, si è registrato una concentrazione ancora maggiore  delle attività detenute in queste banche “troppo-grandi-per-fallire” e nelle istituzioni finanziarie,  più di quanto sia mai stato prima che la crisi iniziasse. Di conseguenza, ciò ha creato un problema di “finanze pubbliche insostenibili”, laddove il costo straordinario dei salvataggi convenzionali potenzialmente minaccia la solvibilità delle nazioni stesse. E una tale insolvenza sovrana potrebbe a sua volta innescare l’insolvenza delle SIFI. Così ancora una volta abbiamo un circolo vizioso tossico tra le SIFI e le nazioni che devono intervenire in loro aiuto nel tentativo di evitare il collasso finanziario globale.
Il FMI identifica anche il relativo problema di un “sistema bancario ombra”, che crea anch’esso il rischio sistemico, ma non è soggetto alle stesse regole, come il sistema bancario formale.
Come discusso a pagina 8 del documento (pagina 9 PDF), ci sono altri due problemi importanti per il sistema finanziario globale che alimentano questi tre grandi rischi e che li rendono molto più pericolosi.
Il primo è che poiché queste grandi istituzioni finanziarie sono in genere esposte a una enorme quantità di rischi sui loro derivati – che su base globale minimizzano il capitale che essi hanno – questi derivati ​​in una situazione di insolvenza potrebbero portare ad uno “svolgimento disordinato” che potrebbe perturbare i mercati finanziari. In altre parole, potrebbero portare a una crisi finanziaria globale – anche se il FMI usa un vocabolario scelto con un po’ più di cura.
L’altro problema centrale, come analizzato dal FMI, è che, quando si tratta del fallimento di una SIFI, la procedura generale di insolvenza aziendale non fornisce strumenti sufficienti a gestire i rischi per la stabilità finanziaria. Il che significa che, in base al diritto vigente, semplicemente non c’è la capacità di gestire questo scenario – se non mettendo mano a enormi quantità di fondi pubblici di Stati sovrani già finanziariamente stressati, che a quel punto poi rischiano di innescare la propria insolvenza, che poi è anche il rischio di innescare l’insolvenza di altre SIFI,  in questo circolo vizioso tossico.
In poche parole, le leggi esistenti non sono in grado di gestire i problemi che sono stati creati da questo mondo intrecciato di istituzioni “troppo-grandi-per-fallire” che continuano ad assumersi enormi rischi finanziari per il profitto privato, apparentemente al di là del controllo delle nazioni sovrane, anche se le nazioni sovrane che devono fronteggiare i propri problemi finanziari sempre più mancano di risorse finanziarie credibili per un bail-out massiccio di queste istituzioni, e rischiano la propria solvibilità. Così non ci si possono permettere salvataggi, tuttavia un mancato salvataggio porterebbe rapidamente al caos finanziario globale.
La scappatoia dell’assicurazione
Per un investitore esterno ma razionale, la soluzione potrebbe sembrare ovvia. Non avevamo questo problema prima delle SIFI – quindi sbarazzatevi di queste istituzioni finanziarie “troppo-grandi-per-fallire”. Smembratele. Limitate la loro capacità di assumersi dei rischi, se è necessaria la garanzia pubblica sui rischi che si assumono. Rischi illimitati e non regolamentati vanno anche bene, ma solo quelli che i loro investitori/proprietari privati ​​possono realmente permettersi di assumere. In modo che, in caso di decisioni sbagliate che portano al fallimento, gli investitori privati ​​possono essere spazzati via, senza che sia necessaria alcuna garanzia pubblica.
E in tal modo, la necessità per il pubblico di salvare queste istituzioni non ci sarebbe più, e allo stesso modo cesserebbe il circolo vizioso tossico tra le SIFI e le nazioni sovrane.
Ora il FMI è a conoscenza di questa soluzione ovvia, ma è molto attento a non menzionarla, tranne forse quando implicitamente afferma solo che non funziona così.
Questo succede perché il cuoro del problema è politico. Le SIFI sono semplicemente troppo potenti politicamente per poter essere spezzate via dai politici delle nazioni sovrane sviluppate. Semplicemente non è politicamente praticabile per i governi modificare il comportamento di queste istituzioni – anche se hanno messo a rischio la stabilità dell’intero sistema finanziario mondiale giorno dopo giorno.
Così, da una prospettiva politica pratica, deve essere trovata un’altra soluzione.
La soluzione alternativa che il documento FMI propone è quella di utilizzare il “bail-in” al posto del “bail-out”. Il mio articolo intitolato “Bail-ins & Taking Private Wealth” (qui), spiega in dettaglio il concetto di bail-in, e il modo in cui è attualmente utilizzato nel mondo reale.
Un modo di guardare ad un bail-in è di considerarlo come l’opposto di un bail-out. Nel caso di un bail-out, quando c’è un problema con una banca (o un governo, o un sistema pensionistico pubblico) che non ha abbastanza risorse disponibili per soddisfare le pretese dei creditori, i fondi sono forniti dal pubblico, presumibilmente per le finalità di interesse pubblico generale.
Con un bail-in, non c’è fallimento, ma le attività sono prese da classi di investitori selezionati, riducendo in tal modo i crediti nei confronti dell’azienda. Si ottiene così la solvibilità e le esigenze del grande pubblico sono soddisfatte, ma senza che il grande pubblico in generale debba pagare.
Ora, mentre il documento del FMI utilizza il termine “bail-in”, offre anche un modo completamente diverso di spiegare il processo, come mostrato a pagina 7 (pagina 8 PDF). Come detto, “il capitale per il bail in potrebbe essere visto come una forma di assicurazione (fornita dai creditori) contro l’insolvenza della banca”.
Ora, se pensiamo a questo approccio – questo modo di trovare soluzioni completamente nuove per un sistema che manca altrimenti di soluzioni –  le implicazioni sono globali, e sono straordinarie.
Il modo in cui funziona è che nel caso di una potenziale crisi finanziaria, il governo – o un’organizzazione internazionale – individua particolari tipi di investimento e classi di investitori. Questi investitori detengono attività, e in alcuni casi tali attività sono le passività (come obbligazioni o depositi) della istituzione in difficoltà.
Il governo dice di fatto a questi investitori, “potreste pensare di possedere un’attività, ma quello che avete veramente fatto è che avete sottoscritto una polizza di assicurazione. E se questo istituto in cui avete investito il vostro patrimonio dovesse incorrere in difficoltà finanziarie, avete di fatto impegnato le vostre risorse per evitare l’insolvenza della società, per il bene superiore dell’ordine finanziario globale “.
Ora, i proprietari dei beni d’investimento non avevano idea del fatto che quando avevano investito avevano sottoscritto un’assicurazione. Non hanno mai ricevuto un premio di assicurazione per l’assunzione di questo rischio. Ma, ciò nonostante, una categoria di beni di investimento è stata retroattivamente dichiarata essere un’assicurazione, e in questo modo possono effettivamente assorbire tutte le perdite e mantenere la SIFI – o il governo, o il sistema pensionistico pubblico – solvente per il bene di tutti.
Utilizzare la forza della legge per scavalcare l’obbligatorietà del contratto
Ora, poiché gli investitori – le cui attività sono essenzialmente il finanziamento dell’assicurazione che preserva le maggiori istituzioni finanziarie – in realtà non si erano resi conto che quello che stavano facendo era di impegnare i loro beni per garantire il pagamento dei crediti, c’è da osservare che questo potrebbe essere un po’ problematico dal punto di vista del diritto contrattuale. Dato che questo non appariva da nessuna parte nel prospetto.
Il che ci riporta alla nostra discussione precedente di pagina 8. Una delle ragioni per il bail-in, in primo luogo, è che utilizzare le leggi vigenti, scritte per una procedura fallimentare tradizionale, semplicemente non funziona quando si tratta di risolvere una di queste banche “troppo-grandi-per-fallire”. Per lo staff del FMI, non si può fare, in quanto c’è semplicemente troppo rischio e danni globali.
Quindi ci sono tre paragrafi fondamentali a pagina 12 (PDF pagina 13) che affrontano questo punto. Il primo è che “ci sono argomenti convincenti a favore di un approccio che minimizza il ruolo dei tribunali“. In altre parole, bisogna tenere i giudici fuori da questa storia, in quanto potrebbero non fare quello che dovrebbero fare. In effetti, il FMI raccomanda esplicitamente di non lasciare alla magistratura il potere di rovesciare questa risoluzione, anche se in alcuni casi potrebbe essere consentito il risarcimento dei danni.
Invece, è più appropriato che “le decisioni siano prese dalle autorità bancarie“. In altre parole, le stesse autorità di sorveglianza che non sono riuscite a regolare adeguatamente le banche e hanno permesso la situazione disastrosa che si è creata, sono i migliori esperti possibili per risolvere la crisi.
C’è anche il problema di ottenere l’approvazione del creditore che potrebbe essere richiesta in un fallimento. Il documento del FMI affronta anche questo, affermando che “la necessità di un’azione rapida e decisiva nell’interesse della stabilità finanziaria sconsiglia di prevedere una procedura di approvazione da parte del creditore”. Ottenere l’approvazione del creditore può essere una faccenda molto difficile quando si affronta una procedura di fallimento – quindi nella struttura del bail-in è semplicemente eliminata.
Forse la parte più importante di tutte è il paragrafo a pagina 12, in cui si afferma che i “bail-in devono essere applicati sia ai debiti esistenti che ai debiti emessi dopo l’introduzione del bail-in“.
In altre parole, quando si tratta di decisioni di investimento, è retroattiva. In teoria, le proposte del FMI sono basate sulle nazioni che hanno attuato la legislazione del bail-in in anticipo, per cui gli investitori sono avvertiti, e i rendimenti dei titoli che sono oggetto di bail-in dovrebbero aumentare proporzionalmente, in quanto il mercato valuta il premio assicurativo che dovrebbe ricevere per fornire questa protezione ad altri investitori.
Tuttavia, nel mondo reale, come riconosce il Fondo monetario internazionale, quando si ha bisogno delle attività – se ne ha bisogno. Quindi il governo le prende, indipendentemente dal fatto che l’investitore avesse qualche idea, al momento in cui aveva fatto l’investimento, che sarebbero potuti diventare una “assicurazione” e che i loro attivi effettivamente avrebbero potuto essere presi e convertiti in azioni potenzialmente inutili.
La fonte della “libera” assicurazione
Ora esaminiamo più da vicino le potenziale fonti di questa cura miracolosa per le crisi finanziarie, che consente salvataggi senza limiti, e che non richiede l’aumento delle tasse o del deficit.
Lo faremo prendendo in considerazione qualcosa che si considera raramente, e cioè cosa sono realmente i risparmi.
Quando facciamo un deposito presso una banca, stiamo prendendo le nostre risorse e le consegnamo alla banca perché ne faccia uso.
Ciò che la maggior parte di noi di solito non pensa è che nel momento in cui si verifica il deposito, si crea una nuova passività – per la banca. E’ una passività semplicemente perché dovrà restituircelo. Così è la loro promessa di restituircelo – la loro passività – che è la nostra attività, cioè i nostri risparmi, ed è la nostra fonte di sicurezza.
E tradizionalmente – in assenza di un salvataggio – se la banca ne fa un pessimo impiego e gli investimenti valgono meno delle passività, allora l’istituto finanziario diventa insolvente, tutti quelli che ci lavorano perdono il posto di lavoro, gli investimenti azionari vengono spazzati via, e i depositanti e gli altri finanziatori (o il fondo di assicurazione dei depositi bancari) subiscono un brutto colpo.
Ora, con bail-in, il cambiamento drastico rispetto alla prospettiva tradizionale è che sono le nostre attività che sono riconosciute come una minaccia per le banche troppo-grandi-per-fallire.
Con il vecchio paradigma del bail-out, i fallimenti sono provocati dalle attività che diminuiscono di valore. Con il nuovo paradigma del bail-in, non è il crollo dei prezzi delle attività che causano il fallimento – ma è invece l’avere troppi debiti che provoca il fallimento.
E a causa della importanza di queste istituzioni finanziarie e delle loro connessioni politiche estremamente potenti, ciò che ne è venuto fuori è che i governi possono affrontare la minaccia delle banche insolventi gestendo la minaccia posta dalle loro passività.
Una volta accettato che le passività che minacciano l’ordine finanziario globale coincidono con le nostre attività e i nostri depositi – allora dobbiamo accettare che, con il nuovo paradigma del bail-in, in caso di una grave crisi finanziaria le cose non funzioneranno affatto come una volta, e potrebbero essere i nostri risparmi a pagare il prezzo.
Fonte:  http://danielamerman.com/va/IMFbailin.html

8/15/2015

Se Berlino rischia di essere il nemico della Ue.

Le scelte dell’amministrazione Merkel alimentano pericolosi squilibri della zona Euro. Di Philippe Legrain
La zona euro ha un problema e il proble
ma è la Germania. Le politiche tedesche
del “rubamazzo” e più in generale la ri
sposta alla crisi che la Germania ha indi
rizzato si sono rivelate disastrose. A sette anni
dall’inizio della crisi, l’economia della zona euro
sta andando peggio di come andò in Europa du
rante la Grande Depressione degli anni Trenta.
Gli sforzi del governo tedesco volti a schiacciare
la Grecia e costringerla ad abbandonare la valu
ta unica hanno destabilizzato l’unione moneta
ria. Finché l’amministrazione Merkel continue
rà ad abusare della sua posizione dominante di
principale creditore per portare avanti i suoi mi
opi interessi, la zona euro non potrà prosperare
– e potrebbe non sopravvivere.
L’immenso surplus delle partite correnti
della Germania – i risparmi in eccesso genera
ti dall’abbassamento dei salari per sostenere
le esportazioni – è stato sia una causa della cri
si della zona euro, sia un ostacolo per risolver
la. Prima della crisi quel surplus alimentava i
prestiti “cattivi” delle banche tedesche all’Eu
ropa meridionale e all’Irlanda. Adesso che il
surplus annuale della Germania – cresciuto fi
no a raggiungere i 233 miliardi di euro (255 mi
liardi di sterline), avvicinandosi all’8% del Pil
– non è più “riciclato” nell’Europa meridiona
le, la depressa domanda interna del Paese
esporta deflazione, che esaspera le disgrazie
debitorie della zona euro.
Le eccedenze della Germania nei confronti
dell’estero sono in palese contrasto con le nor
mative previste dalla zona euro al riguardo di
pericolosi squilibri. Il governo Merkel, però
esercitando pressioni sulla Commissione Euro
pea, ha ottenuto il via libera. Ciò trasforma in una
presa in giro la sua affermazione di essere la pa
ladina della zona euro, come in un club che ha
delle regole. Infatti, la Germania le infrange im
punemente, le altera per adattarle alle proprie
esigenze, o addirittura le inventa a suo piacere.
In verità, proprio mentre spinge gli altri alle ri
forme, la Germania ignora le raccomandazioni
della Commissione: sta obbligando la Grecia ad
elevare l’età pensionabile – uno dei requisiti ne
cessari per concederle un ulteriore programma
di aiuti dall’eurozona – nel momento stesso in
cui abbassa la propria. Chiede insistentemente
che i negozi greci restino aperti anche di dome
nica, benché quelli tedeschi siano chiusi.
Sembra quasi che per la Germania il corporativismo
debba essere spazzato via altrove ma protetto in
casa. Oltre a rifiutarsi di correggere la sua econo
mia, la Germania ha rifilato i costi della crisi agli
altri. Allo scopo di soccorrere le banche del Pae
se invischiate nelle decisioni di erogare prestiti
“cattivi”, Angela Merkel ha infranto la regola del
“no-bailout” prevista dal Trattato di Maastricht
che vieta ai governi membri di finanziare gli al
tri, e ha costretto i contribuenti europei a eroga
re prestiti a una Grecia insolvente. Nello stesso
modo, i prestiti a Irlanda, Portogallo e Spagna da
parte dei governi della zona euro in primo luogo
hanno salvato in extremis le banche locali insol
venti, e di riflesso i loro creditori tedeschi.
A peggiorare ancor più le cose, in cambio di
questi aiuti la cancelliera ha ottenuto un con
trollo molto maggiore su tutti i budget dei go
verni della zona euro con una camicia di forza
fiscale che svigorisce la domanda e pone vinco
li alla democrazia: normative più rigide per
l’eurozona e un fiscal compact. L’influenza del
la Germania ha dato vita nella zona euro a
un’unione bancaria asimmetrica e piena di bu
chi. Le Sparkassen tedesche – banche di rispar
mio con uno stato patrimoniale complessivo di
circa mille miliardi di euro – sono esenti dal
controllo e dalla supervisione della Banca cen
trale europea, mentre le mega-banche poco ca
pitalizzate come Deutsche Bank e i marci pre
statori regionali di proprietà statale del paese
hanno ottenuto un poco plausibile certificato
di sana e robusta costituzione.
L’unica regola della zona euro ritenuta sacro
santa è l’irrevocabilità dell’appartenenza. Non
esiste alcuna clausola contrattuale che preveda
la possibilità di uscirne, perché l’unione mone
taria è concepita come un primo passo verso
un’unione politica, e perché in caso contrario
degenererebbe in un regime pericolosamente
inflessibile e traballante di tassi a cambio fisso.
La Germania non ha trasgredito soltanto a que
sta regola: oltre a ciò, il suo ministro delle finan
ze, Wolfgang Schäuble, ne ha da poco inventata
di sana pianta un’altra, quella secondo cui nella
zona euro l’alleggerimento del debito è vietato
per giustificare il suo vergognoso comporta
mento nei confronti della Grecia. In conseguen
za di tutto ciò, l’appartenenza della Germania al
la zona euro – e per estensione quella di tutti i
suoi membri – è subordinata all’ubbidienza al
governo tedesco. La zona euro ha disperata
mente bisogno di alternative mainstream a que
sto asimmetrico “Consenso di Berlino” nel qua
le gli interessi dei creditori sono anteposti a
quelli di chiunque altro e nel quale la Germania
domina tuto il resto. Il Merkelismo sta provo
cando stagnazione economica, polarizzazione
politica, e un brutto nazionalismo. Francia, Italia
ed europei di ogni colore politico devono ado
perarsi subito e intervenire proponendo altre
visioni di ciò che dovrebbe essere l’eurozona.
Una possibilità sarebbe quella di un maggio
re federalismo. Istituzioni politiche comuni,
responsabili nei confronti degli elettori della
zona euro, verrebbero a costituire una contro
parte fiscale democratica alla Bce e aiutereb
bero a contenere la potenza tedesca. Ma la cre
scente animosità tra gli stati membri della zona
euro, e l’erosione del sostegno all’integrazione
europea sia nei paesi creditori sia in quelli debi
tori, stanno a indicare che un maggiore federa
lismo è politicamente inattuabile, in teoria ad
dirittura pericoloso.
Una possibilità migliore sarebbe quella di
orientarsi verso una zona euro più flessibile,
nella quale i rappresentanti nazionali eletti ab
biano maggiore voce in capitolo. Una volta ri
pristinata la regola del “no-bailout”, poi, i gover
ni avrebbero più margine di manovra per per
seguire politiche anticicliche e rispondere alle
mutevoli priorità degli elettori. Per rendere
plausibile un simile sistema, si dovrebbe creare
un meccanismo di ristrutturazione del debito
dei governi insolventi. Ciò, unitamente alla ri
forma delle direttive previste per la capitalizza
zione delle banche permetterebbe ai mercati, e
non alla Germania, di porre un freno ai prestiti
davvero eccessivi. Preferibilmente, anche la
Bce dovrebbe ricevere il mandato di agire da
prestatore di ultima istanza per i governi illiqui
di ma solventi. Questi cambiamenti potrebbero
raccogliere un ampio consenso – e servire gli in
teressi della stessa Germania. I membri della
zona euro sono imprigionati in un matrimonio
infelice nel quale la Germania spadroneggia.
Ma la paura, da sola, non basta a tenere insieme
per sempre un rapporto. Se Angela Merkel non
rinsavirà, finirà col distruggerlo.

Philippe Legrain è stato consigliere economico
della Commissione Europea con Barroso, dal 2011 al 2014.
È Visiting senior fellow alla London School of Economics

1/14/2013

Alert Terza Guerra Mondiale, cause e scenari

Ormai diversi analisti e giornalisti avanzano sempre più l’ipotesi che la grave crisi economica che sta massacrando le economie occidentali possa sfociare in un conflitto di scala mondiale.Tra il 2013 e il 2015 effettivamente una nuova grande guerra potrebbe abbattersi sulle nostre vite. Ma facciamo un riepilogo delle scintille che attualmente potrebbero generare questo catastrofico scenario:
1) Isole Senkaku: le isole giapponesi rivendicate dalla Cina continuano ad essere motivo di ostilità tra le due potenze orientali e con la nomina del nazionalista Abe come premier giapponese e dell’ambizioso Xi Jinping come presidente cinese, la situazione non può che peggiorare.
2) Corea: la Corea del Nord sembra non fare nessun passo indietro nella sua politica di sfida verso gli USA e verso la Corea del Sud e un incidente al confine può capitare in qualsiasi momento e degenerare in uno scontro a fuoco.
3) Elezioni in Israele: la probabile vittoria dell’attuale premier israeliano appoggiato dall’estrema destra, sarà seguita sicuramente da una politica aggressiva nei confronti dei palestinesi e dell’Iran destabilizzando per l’ennesima volta il Medio Oriente.
4) Siria: Assad sembra aver ripreso forza e sta gradualmente sconfiggendo le forze ribelli, un possibile intervento dei paesi stranieri contro l’attuale regime potrebbe portare al coinvolgimento della Russia, che ha nella Siria un sicuro alleato poiché gli offre l’accesso navale al Mediterraneo e blocca la concorrenza dell’eventuale passaggio di gasdotti arabi verso l’Europa.
5) Iran: nel 2013 ci saranno anche le elezioni in Iran e queste saranno molto determinanti, perché se il regime degli Ayatollah continua con la sua politica nucleare, un attacco preventivo di Israele si farà sempre più probabile.
6) Isole Malvinas/Falkland: l’Argentina rivendica le isole e il premier inglese Cameron si è detto pronto a combattere per difenderle.
7) India: continua il riarmo indiano e le tensioni con l’Italia potrebbero degenerare nel caso i due soldati venissero condannati, essendo questi militari di un paese della Nato.
8) Ad aggiungersi a tutti questi focolai, c’è la crisi economica in peggioramento che metterà sempre più sotto pressione tutte le potenze mondiali, che potrebbero usare la guerra come valvola di sfogo dei loro problemi interni. Inoltre, c’è sempre la possibilità di attentati inattesi o rivoluzioni che cambierebbero gli scenari attuali.
Ora vorrei descrivere un possibile scenario  bellico e dividerò, per semplificare, i paesi in due alleanze principali (ciò non toglie che potrebbero essere tre): alleanza atlantica (filo-americana) e alleanza orientale (filo-cinese). Inoltre dividerò gli stati in tre categorie: sicuri, probabili e possibili in base alla probabilità che essi siano schierati in queste due fazioni.
ATLANTICA
SICURI: Stati Uniti, Regno Unito, Giappone, Corea del Sud, Israele, Canada, Australia
PROBABILI: Unione Europea, Monarchie del Golfo, Turchia, Messico, Taiwan
POSSIBILI: Cile, Colombia, Sudafrica
ORIENTALE
SICURI: Cina, Corea del Nord
PROBABILI: Iran, Siria,Maggioranza Paesi SudAmerica, Maggioranza Paesi Asiatici
POSSIBILI: Russia e stati CSI, India, Maggioranza Paesi Africani
Questi sono i due schieramenti più probabili. Possiamo prendere in considerazione però alcune problematiche che renderebbero la situazione più complessa: l’Unione Europea potrebbe spaccarsi e scegliere la neutralità; la Russia non è poi così vicina alla Cina e potrebbe scegliere di essere neutrale o combattere una guerra parallela alla Cina, l’Unione Europea e la Russia negli ultimi anni si sono molto avvicinate, una guerra tra loro sarebbe molto dolorosa data la vicinanza territoriale e il rapporto commerciale per quanto riguarda il gas. Inoltre, sarebbe difficile un’alleanza dove sono presenti Israele e le Monarchie Arabe con la Turchia, se ci sarà una politica aggressiva verso i palestinesi; non nego che potrebbe esserci anche un’implosione economica degli USA prima o dopo il conflitto con possibili stravolgimenti di fronte.
In conclusione, lo scenario principale è uno scontro tra Usa (ed alleati) contro Cina (ed alleati). Anche perché entro il 2020 la Cina sarà la prima potenza economica e militare e gli Usa dovranno impedirlo in qualsiasi modo.Rimangono incognite le posizioni dell’Unione Europea, della Russia e dell’India.
Per quanto riguarda i paesi sudamericani, data la forte espansione di una politica anti-occidentale, il loro schieramento vicino alla Cina lo ritengo molto probabile. La mia opinione è che se scoppierà questo conflitto, non sarà un conflitto tradizionale con due schieramenti ben delineati, ma potrebbe essere una guerra con alleanze e fronti mutevoli, una guerra liquida, insomma. Prevedo, infine, un’accendersi delle tensioni nel 2013 e lo scoppio della guerra nel 2014.

Fonte:   http://www.hescaton.com/wordpress/alert-terza-guerra-mondiale-cause-e-scenari/

Questo non è capitalismo e sarà sempre peggio.

"Per favore, considerate tutti questi fattori la prossima volta che qualcuno denuncerà il sistema statunitense come il mi...