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11/19/2016

Un piano delle Nazioni Unite per trasformare il mondo in una colonia islamica?

La notizia che l'UNESCO non riconosce il legame tra il popolo ebraico e il Monte del Tempio di Gerusalemme fa pensare al fatto che l'ONU è la madre dell'ingiustizia e dell'islamizzazione globale radicale. I suoi membri, dei quali fa parte il grande blocco dell'Organizzazione della Cooperazione Islamica (OCI) – 56 paesi islamici più la "Palestina" – sono evidentemente convinti che se vogliono trasformare il mondo occidentale in una colonia islamica, innanzitutto devono distruggere lo Stato di Israele. Questo assomiglia al suggerimento dato nell'antica Grecia dal generale greco in esilio Demarato al re di Persia, Serse: "Se vuoi che la Grecia cada, prima devi distruggere gli spartani".
Se Gerusalemme cadesse nelle mani dell'Islam, anche il resto del mondo presumibilmente sarebbe in suo potere. La decisione dell'UNESCO non solo è assurda da un punto di vista storico (l'Islam non esisteva affatto all'epoca dell'antica Gerusalemme), ma è anche una mossa strategica contro le fondamenta culturali dell'Occidente.
Quando l'ONU non riconosce la presenza storica e la continuità del popolo ebraico nella sua terra, i prossimi che finiranno nel menù della catena alimentare dell'UNESCO molto probabilmente saranno i greci e poi gli italiani. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è già stato chiaro a riguardo, la settimana scorsa.
La Grecia ospita due milioni di immigrati illegali provenienti da paesi a maggioranza musulmana. Una ricerca condotta nella Repubblica ellenica mostra che con l'invecchiamento della popolazione autoctona e l'emigrazione dei giovani, a causa della crisi economica del paese, nel 2050 i greci nativi saranno solo 8,3 milioni, ossia 2,5 milioni in meno rispetto a oggi. Con il tasso di ammissione dei musulmani in Grecia, nel 2050, i greci saranno una minoranza nel loro stesso paese.
Nessuno sarebbe sorpreso se, tra qualche anno, l'UNESCO, per istituzionalizzare la presenza islamica nella comunità internazionale, affermasse che i greci non hanno nulla a che fare con l'Acropoli e il Partenone, e che l'Italia non ha alcun legame storico con il Colosseo a Roma.
La recente risoluzione dell'UNESCO su Gerusalemme dovrebbe particolarmente preoccupare l'establishment politico non solo in Grecia, ma in tutta Europa, perché una simile ingiustizia plateale commessa dalle Nazioni Unite contro la storia di un'antica nazione, come quella degli ebrei, mostra una cieca parzialità a favore dell'Islam e potrebbe essere commessa contro ognuno di noi.
Il presidente turco vuole trasformare l'iconica basilica di Santa Sofia a Istanbul in una moschea e ha nominato un imam a tempo pieno che dice quotidianamente le preghiere islamiche in questo luogo più sacro della Chiesa greco-ortodossa. La basilica di Santa Sofia è per i cristiani ortodossi quello che la Mecca è per i musulmani e il Muro Occidentale per gli ebrei. Hagia Sophia è stata inclusa nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO, ma il presidente turco vuole comunque trasformarla in una moschea.
Nonostante queste minacce per l'intero patrimonio greco, quasi tutti i membri dell'establishment ellenico hanno chiuso gli occhi di fronte all'ingiustizia rapace delle Nazioni Unite nei confronti del popolo ebraico, perché questa volta l'ingiustizia non era stata commessa a loro danno, e pertanto hanno preferito astenersi durante la votazione dell'UNESCO. Il governo greco, guidato dal leader di Syriza Alexis Tsipras in coalizione con il partito dei Greci indipendenti (Anel) di Panos Kammenos, con la collaborazione del leader dell'opposizione, Kyriakos Mitsotakis, ha deciso di non onorare la relazione strategica sviluppata con lo Stato di Israele. Astenendosi, è stato offeso non solo il popolo ebraico e i sentimenti di amicizia che legano i greci ai nostri vicini nel Mediterraneo, ma l'intero patrimonio dell'Occidente, che è seriamente minacciato.
I media greci e il 99 per cento dei siti di informazione hanno deciso di non informare la popolazione ellenica sul comportamento dei propri politici nei confronti della nazione ebraica perché questo rivelerebbe la loro preferenza per l'Islam piuttosto che per Israele e il popolo greco potrebbe non valutare positivamente questa scelta.
Questo comportamento disonesto del sistema politico greco contro un amico e alleato danneggia la Grecia sulla scena internazionale, rendendola un interlocutore inaffidabile. Il governo greco mette a repentaglio la sicurezza del paese perché nessuno Stato si fiderà più dei politici ellenici. La nostra classe politica, a quanto pare, sta facendo sì che il nostro paese diventi il prossimo "boccone" per l'ONU e la Turchia.
Come può la Grecia chiedere aiuto alla comunità globale sulla questione di Santa Sofia a Istanbul, quando gli stessi politici ellenici mantengono una posizione neutrale sulla questione praticamente identica del Monte del Tempio di Gerusalemme?
Come può la Grecia chiedere aiuto alla comunità globale sulla questione di Santa Sofia a Istanbul (nella foto a destra), quando gli stessi politici ellenici mantengono una posizione neutrale sulla questione praticamente identica del Monte del Tempio di Gerusalemme?
Il sistema politico greco non onora la storia della nazione greca, i suoi valori e la sua costanza verso i suoi amici e alleati. È un sistema che non ha alcun mandato politico dal popolo ellenico. Le misure prese dal sistema politico in politica interna ed estera non godono dell'approvazione dei greci.
Nei sondaggi che non sono truccati, l'intero establishment incassa il consenso di meno del 50 per cento dell'elettorato. I greci devono scegliere tra una coalizione di governo, che fa riferimento ideologicamente e politicamente all'ala repressiva del Partito democratico degli Stati Uniti, e l'opposizione, che si rifà ideologicamente e politicamente alla cancelliera tedesca Angela Merkel e al suo partito, l'Unione cristiano-democratica (Cdu).
Purtroppo, non esistono scelte alternative per l'elettorato greco. È un sistema truccato con politici corrotti, media disonesti e magistrati manipolati.
Il sistema politico greco sta uccidendo i propri cittadini. I politici greci, sottomettendosi ai programmi di "salvataggio" economico dell'Unione Europea, hanno portato un'enorme povertà alla popolazione e, intanto, il paese è stato colonizzato e islamizzato da immigrati musulmani illegali.
I "persiani" sono qui sotto forma dell'Organizzazione della Cooperazione Islamica, delle Nazioni Unite e di un sistema politico che sembra sbilanciato a favore dei politici, interessati a mantenere il loro posto di lavoro anziché tenere conto delle necessità dei loro cittadini. Il popolo greco e gli altri popoli europei sono alla ricerca di mezzi politici per combatterli alle Termopili del XXI secolo.
Maria Polizoidou, reporter e giornalista televisiva greca, è consulente per gli affari internazionali ed esteri.

11/06/2016

Rifugiati o un esercito di occupazione?

di

  • "Allah chiede ai credenti di essere padroni della terra in cui vivono e solo loro possono avere proprietà e solamente noi possiamo possedere la terra." – Migranti musulmani a Creta, in Grecia.
  • I migranti erano pronti a condurre il jihad perché accusavano lo Stato greco e i suoi abitanti di qualcosa di cui non erano affatto responsabili.
  • In Grecia, l'establishment è una versione in miniatura dell'establishment americano: politici e istituzioni pubbliche corrotti fino al midollo.
  • Noi greci siamo già stati schiacciati dall'Islam, dal genocidio del XX secolo in Turchia alla più recente occupazione turca di Cipro, ancora una volta con la complicità del mondo.
  • Quello che sta accadendo in Grecia, come in gran parte dell'Europa, è in realtà una massiccia sostituzione della sua popolazione, dei suoi valori e del suo modo di vivere.
  • I principali partiti politici obbediscono alle politiche autodistruttive dell'Unione Europea in materia di immigrazione che potrebbero causare la fine dei valori greco-giudaico-cristiani dell'Europa, come la libertà individuale, il pensiero critico e l'indagine spassionata.
Cosa fa un esercito di occupazione quando si installa in un paese? Occupa la terra, costringe i residenti a seguire il suo stile di vita. Attua misure contro gli abitanti del paese, propaganda le sue convinzioni e ricorre all'uso della forza per imporle.
Questo è purtroppo quello che sta accadendo in Grecia da parte dei migranti che sembrano "dimenticare" che sono ospiti nella Repubblica ellenica e costringono i greci a sentirsi ospiti nel loro stesso paese.
Se qualcuno è un rifugiato di guerra o la sua vita è in pericolo nella sua patria, sembrerebbe opportuno che quando arriva nel paese che gli offre asilo sia grato a quel paese, rispetti la sua storia, il suo popolo, i suoi valori e le sue leggi. Lo stesso potrebbe valere per un immigrato che vuole recarsi in un paese in cui spera di trovare un futuro migliore.
In Grecia, al contrario, i migranti clandestini – che i media chiamano "rifugiati", cercando artificialmente di legalizzarli nella coscienza morale dei cittadini – occupano spazi che non gli appartengono, usano la violenza, bloccano le strade, commettono reati contro il patrimonio pubblico, si comportano in modo aggressivo nei confronti dei residenti e della polizia e dicono di sentirsi offesi quando vedono simboli che rappresentano il Cristianesimo. Gli ospiti tentano di impadronirsi della casa.
Poche settimane fa, 200 nordafricani e Pakistani sono insorti nel bel mezzo della notte, chiedendo di lasciare l'isola di Lesbo. Al grido di "Jihad, jihad!", hanno distrutto le auto dei residenti nel centro dell'isola e turbato la comunità locale. I rivoltosi hanno detto che qualcuno li aveva informati della morte di sette migranti su un'imbarcazione e pertanto erano insorti contro le autorità. La polizia e gli operatori delle ONG hanno spiegato loro che la notizia era falsa, ma a quanto pare i 200 migranti non erano interessati ad ascoltarli, erano pronti a condurre il jihad perché accusavano lo Stato greco e i suoi abitanti di qualcosa di cui non erano affatto responsabili. Le autorità non sono riusciti a calmarli e a farli rientrare nella struttura in cui erano ospitati.
Come poi si è scoperto non c'erano migranti morti. La rivolta è stata un "errore", ma la polizia e la gente del posto hanno dovuto trascorrere la notte a rintracciare i profughi e i migranti che si erano riversati per le strade di Mitilene.
I clandestini hanno detto che l'informazione sui sette migranti morti l'avevano ricevuta attraverso telefonate ricevute durante la notte. Secondo fonti ufficiosi della polizia, questo episodio ha tutti i tratti di "un'operazione segreta".
Qualche giorno dopo, il 19 settembre 2016, sull'isola di Lesbo è scoppiata una nuova rivolta da parte dei migranti, nel paesino di Moria. Anche stavolta, l'informazione fatta giungere loro era falsa e riguardava un loro ritorno in Turchia. Immediatamente, essi hanno dato fuoco a 16 acri di alberi di ulivo e al campo in cui erano ospitati.
Trecento migranti, che avevano cercato di organizzare una protesta per le strade centrali dell'isola, hanno appiccato il fuoco alla struttura di accoglienza e all'area circostante, per poi essere bloccati dalla polizia che li ha fatti rientrare nel centro, dove hanno cercato di nuovo di bruciare tutto.
I residenti hanno visto le loro piante di ulivo trasformarsi in cenere, così come gran parte dell'hotspot, tre container, capi d'abbigliamento e calzature.
Alcuni degli immigrati irregolari hanno scattato dei selfie durante l'incendio e gridavano: "Allahu Akbar" [Allah è il più grande!"].
Il porto di Mitilene è stato trasformato in un campo di battaglia, dove i migranti e parecchi "militanti della sinistra" greca hanno cercato di impedire al contingente militare di abbassare la bandiera greca davanti al vecchio porto della città. Molti greci odiano il vessillo nazionale. Sembrano preferire gli Stati multinazionali senza alcun riferimento alle fondamenta nazionali dello Stato. Hanno scandito slogan e provocato il contingente militare e gli abitanti di Mitilene che guardavano stupiti dal lato opposto della strada. È stata una dimostrazione di potere da parte dei "militanti della sinistra" e dei migranti irregolari. Molti cittadini di Mitilene non hanno tollerato la provocazione e pertanto alcuni residenti hanno aggrediti i contestatori, ingaggiando una guerriglia in strada.
Ogni domenica mattina a Mitilene i soldati issano la bandiera e la sera, un'ora prima del tramonto, l'abbassano. Una settimana dopo questo episodio, migliaia di greci si sono radunati al porto di Mitilene intorno ai soldati e al vessillo greco e hanno intonato l'inno nazionale ellenico, mostrando la loro fede e rendendo onore al simbolo della nazione. Questo perché la gente è spaventata. Si sono raccolti tutti intorno perché preoccupati di perdere il loro paese e la sovranità a favore di migliaia di clandestini che hanno occupato la loro isola.
Il 28 settembre 2016, a Tympaki nell'isola di Creta, la gente ha trovato ovunque per strada volantini con citazioni tratte dal Corano. Il testo, firmato "Fratelli musulmani dell'isola di Creta", diceva tra l'altro:
  • "Voi siete i più importanti del mondo, Solo la vostra fede conta e nessun altro esercita il diritto di vita e di morte e di proprietà su ogni altra persona che osa sfidare la vostra egida e non abbraccerà la vostra fede.
  • "Allah chiede ai credenti di essere padroni della terra in cui vivono e solo loro possono avere proprietà e solamente noi possiamo possedere la terra.
  • "Allah ha detto che dobbiamo conquistare tutto il pianeta, i credenti devono essere padroni della terra, delle coltivazioni e dei raccolti.
  • "I miscredenti non possono avere terreni e raccolti perché appartengono solo a noi, i credenti.
  • "I miscredenti avranno da noi – come ci assicura il sacro Corano – solo l'elemosina".
Quello stesso giorno, il 26 settembre, nella regione di Asprovalta, nei pressi della città di Salonicco, un francese di 49 anni, arrivato in Grecia dalla Turchia, è stato inseguito dalla polizia perché sospettato di essere un jihadista. L'uomo ha speronato l'auto dei poliziotti, al grido di "Allahu Akbar". L'aggressore è stato arrestato e il procuratore distrettuale ha ordinato la sua espulsione.
Un mese fa, gli abitanti di Vavilon, un piccolo villaggio di Chios, un'altra isola che ha accolto un gran numero di immigrati irregolari, hanno deciso di farsi giustizia da soli per mancanza di tutela da parte dello Stato. I residenti si sono organizzati per proteggere le loro famiglie e le loro proprietà dai migranti. In una settimana, avevano subito più di dieci furti e vasti danni alla proprietà.
I media si occupano di questi disordini solo quando causano disastri di vasta portata. Lo stesso accade per i problemi quotidiani causati dai migranti. Gli organi di informazione divulgano notizie sui traffici di droga, sui conflitti esistenti tra migranti di differenti dottrine islamiche, sulle rivolte scoppiate nei centri di accoglienza e di minori stuprati. Il 24 settembre, a Moria, quattro migranti pakistani di 17 anni hanno violentato un loro connazionale 16enne riprendendo lo stupro con i loro telefonini. La polizia ha arrestato i quattro, che ricattavano il ragazzo prima della violenza.
Inoltre, i migranti bloccano la circolazione stradale in molte città, anche per ore. Occupano le strade quando gli pare, la polizia non interviene e non ci sono arresti.
Il governo greco è ben disposto verso i migranti. Gli immigrati irregolari chiedono, in quella che sembra essere una dimostrazione di potere, agli automobilisti greci di esibire i documenti di identità e la patente di guida. Stabiliscono posti di blocco come fa un esercito di occupazione. Il governo e la polizia non fa nulla per fermarli. La gente mostra i documenti per paura del gran numero di migranti presenti; gli automobilisti temono per la propria vita e la loro auto e non vogliono che la situazione degeneri. Se si pensa che la polizia sta lì a guardare passivamente, alla gente non rimane molta scelta.
È anche successo che i migranti hanno bloccato una strada perché nel "centro profughi non c'era una buona connessione a internet".
Come la prenderebbero gli americani se i migranti irregolari musulmani che vivono in America dicessero di sentirsi offesi dalla Statua della Libertà perché non indossa il burqa?
L'arcivescovo ortodosso Geronimo di Atene e di tutta la Grecia, lo scorso marzo ha rimoso la sua croce pettorale, simbolo del Cristianesimo, dall'abito talare durante la visita compiuta al porto del Pireo, per "non offendere", egli ha detto, i migranti musulmani.

L'arcivescovo Geronimo di Atene e di tutta la Grecia viene fotografato mentre distribuisce cibo ai migranti al porto del Pireo. Durante la visita, l'arcivescovo ha rimosso la croce pettorale dall'abito talare per "non offendere", egli ha detto, i migranti musulmani. (Fonte dell'immagine: HellasNewsTv video screenshot)
Chi lo ha avvertito del fatto che i migranti musulmani si sarebbero sentiti offesi dalla croce? Cosa avrebbero fatto se non l'avesse rimossa? L'avrebbero ucciso? Avrebbero bruciato la città del Pireo?
Avrebbero condotto un jihad contro il popolo greco?
Perché nascondiamo i simboli della nostra fede davanti a persone che arrivano nei nostri paesi illegalmente e senza essere invitate? Quale potere potrebbe far rimuovere a un arcivescovo i simboli della sua fede, se non un potere politico del paese?
Il problema in Grecia non è solo il governo o la cattiva gestione del problema dell'immigrazione clandestina. Tutti i principali partiti politici tradizionali del paese, direttamente o meno, incoraggiano l'immigrazione illegale e il trasferimento in massa di musulmani nella società greca. Essi obbediscono alle politiche autodistruttive dell'Unione Europea in materia di immigrazione che potrebbero causare la fine dei valori greco-giudaico-cristiani dell'Europa, come la libertà individuale, il pensiero critico e l'indagine spassionata.
Noi greci siamo già stati schiacciati dall'Islam, dal genocidio del XX secolo in Turchia – che ora colpisce chi non è musulmano come i cristiani, gli aleviti e i curdi – alla più recente occupazione turca di Cipro, ancora una volta con la complicità del mondo.
Ma nonostante questo, i principali partiti politici ovviamente non si preoccupano di proteggere la nazione, la sua identità o la sicurezza dei cittadini.
In Grecia, l'establishment è una versione in miniatura dell'establishment americano: politici e istituzioni pubbliche corrotti fino al midollo, media mainstream e sostenitori oligarchici della globalizzazione. Del resto, la Grecia viene pagata 198 milioni di euro per i rifugiati.
L'establishment greco presenta gli stessi sintomi di cui soffrono il sistema politico americano e quello dell'Europa occidentale. Non crede più nelle fondamenta della Repubblica: "Vox populi, vox Dei", voce di popolo, voce di Dio.
L'establishment politico, quando l'opinione pubblica non è d'accordo con le sue politiche in materia di immigrazione clandestina e riguardo alla protezione dell'identità nazionale, preferisce tacciare gli elettori di immaturità, stupidità o fascismo. Così, mentre l'elettorato continua a non cambiare idea in merito all'identità nazionale e a dirsi contrario all'immigrazione clandestina, le élite del paese sostituiscono la popolazione nativa dando la cittadinanza ai migranti irregolari.
È questa la loro soluzione alla crisi migratoria e al tracollo economico della Grecia, a causa delle fallimentari politiche autoritarie della burocrazia non eletta, inaffidabile e poco trasparente di Bruxelles. Quello che sta accadendo in Grecia, come in gran parte dell'Europa, è in realtà una massiccia sostituzione della sua popolazione, dei suoi valori e del suo modo di vivere. Esiste un unico modo per salvare ciò che resta della Grecia: la via scelta dalla Gran Bretagna: il Grexit, l'uscita della Grecia dall'Eurozona. Adesso.
https://it.gatestoneinstitute.org/9268/rifugiati-esercito-occupazione

8/15/2015

Se Berlino rischia di essere il nemico della Ue.

Le scelte dell’amministrazione Merkel alimentano pericolosi squilibri della zona Euro. Di Philippe Legrain
La zona euro ha un problema e il proble
ma è la Germania. Le politiche tedesche
del “rubamazzo” e più in generale la ri
sposta alla crisi che la Germania ha indi
rizzato si sono rivelate disastrose. A sette anni
dall’inizio della crisi, l’economia della zona euro
sta andando peggio di come andò in Europa du
rante la Grande Depressione degli anni Trenta.
Gli sforzi del governo tedesco volti a schiacciare
la Grecia e costringerla ad abbandonare la valu
ta unica hanno destabilizzato l’unione moneta
ria. Finché l’amministrazione Merkel continue
rà ad abusare della sua posizione dominante di
principale creditore per portare avanti i suoi mi
opi interessi, la zona euro non potrà prosperare
– e potrebbe non sopravvivere.
L’immenso surplus delle partite correnti
della Germania – i risparmi in eccesso genera
ti dall’abbassamento dei salari per sostenere
le esportazioni – è stato sia una causa della cri
si della zona euro, sia un ostacolo per risolver
la. Prima della crisi quel surplus alimentava i
prestiti “cattivi” delle banche tedesche all’Eu
ropa meridionale e all’Irlanda. Adesso che il
surplus annuale della Germania – cresciuto fi
no a raggiungere i 233 miliardi di euro (255 mi
liardi di sterline), avvicinandosi all’8% del Pil
– non è più “riciclato” nell’Europa meridiona
le, la depressa domanda interna del Paese
esporta deflazione, che esaspera le disgrazie
debitorie della zona euro.
Le eccedenze della Germania nei confronti
dell’estero sono in palese contrasto con le nor
mative previste dalla zona euro al riguardo di
pericolosi squilibri. Il governo Merkel, però
esercitando pressioni sulla Commissione Euro
pea, ha ottenuto il via libera. Ciò trasforma in una
presa in giro la sua affermazione di essere la pa
ladina della zona euro, come in un club che ha
delle regole. Infatti, la Germania le infrange im
punemente, le altera per adattarle alle proprie
esigenze, o addirittura le inventa a suo piacere.
In verità, proprio mentre spinge gli altri alle ri
forme, la Germania ignora le raccomandazioni
della Commissione: sta obbligando la Grecia ad
elevare l’età pensionabile – uno dei requisiti ne
cessari per concederle un ulteriore programma
di aiuti dall’eurozona – nel momento stesso in
cui abbassa la propria. Chiede insistentemente
che i negozi greci restino aperti anche di dome
nica, benché quelli tedeschi siano chiusi.
Sembra quasi che per la Germania il corporativismo
debba essere spazzato via altrove ma protetto in
casa. Oltre a rifiutarsi di correggere la sua econo
mia, la Germania ha rifilato i costi della crisi agli
altri. Allo scopo di soccorrere le banche del Pae
se invischiate nelle decisioni di erogare prestiti
“cattivi”, Angela Merkel ha infranto la regola del
“no-bailout” prevista dal Trattato di Maastricht
che vieta ai governi membri di finanziare gli al
tri, e ha costretto i contribuenti europei a eroga
re prestiti a una Grecia insolvente. Nello stesso
modo, i prestiti a Irlanda, Portogallo e Spagna da
parte dei governi della zona euro in primo luogo
hanno salvato in extremis le banche locali insol
venti, e di riflesso i loro creditori tedeschi.
A peggiorare ancor più le cose, in cambio di
questi aiuti la cancelliera ha ottenuto un con
trollo molto maggiore su tutti i budget dei go
verni della zona euro con una camicia di forza
fiscale che svigorisce la domanda e pone vinco
li alla democrazia: normative più rigide per
l’eurozona e un fiscal compact. L’influenza del
la Germania ha dato vita nella zona euro a
un’unione bancaria asimmetrica e piena di bu
chi. Le Sparkassen tedesche – banche di rispar
mio con uno stato patrimoniale complessivo di
circa mille miliardi di euro – sono esenti dal
controllo e dalla supervisione della Banca cen
trale europea, mentre le mega-banche poco ca
pitalizzate come Deutsche Bank e i marci pre
statori regionali di proprietà statale del paese
hanno ottenuto un poco plausibile certificato
di sana e robusta costituzione.
L’unica regola della zona euro ritenuta sacro
santa è l’irrevocabilità dell’appartenenza. Non
esiste alcuna clausola contrattuale che preveda
la possibilità di uscirne, perché l’unione mone
taria è concepita come un primo passo verso
un’unione politica, e perché in caso contrario
degenererebbe in un regime pericolosamente
inflessibile e traballante di tassi a cambio fisso.
La Germania non ha trasgredito soltanto a que
sta regola: oltre a ciò, il suo ministro delle finan
ze, Wolfgang Schäuble, ne ha da poco inventata
di sana pianta un’altra, quella secondo cui nella
zona euro l’alleggerimento del debito è vietato
per giustificare il suo vergognoso comporta
mento nei confronti della Grecia. In conseguen
za di tutto ciò, l’appartenenza della Germania al
la zona euro – e per estensione quella di tutti i
suoi membri – è subordinata all’ubbidienza al
governo tedesco. La zona euro ha disperata
mente bisogno di alternative mainstream a que
sto asimmetrico “Consenso di Berlino” nel qua
le gli interessi dei creditori sono anteposti a
quelli di chiunque altro e nel quale la Germania
domina tuto il resto. Il Merkelismo sta provo
cando stagnazione economica, polarizzazione
politica, e un brutto nazionalismo. Francia, Italia
ed europei di ogni colore politico devono ado
perarsi subito e intervenire proponendo altre
visioni di ciò che dovrebbe essere l’eurozona.
Una possibilità sarebbe quella di un maggio
re federalismo. Istituzioni politiche comuni,
responsabili nei confronti degli elettori della
zona euro, verrebbero a costituire una contro
parte fiscale democratica alla Bce e aiutereb
bero a contenere la potenza tedesca. Ma la cre
scente animosità tra gli stati membri della zona
euro, e l’erosione del sostegno all’integrazione
europea sia nei paesi creditori sia in quelli debi
tori, stanno a indicare che un maggiore federa
lismo è politicamente inattuabile, in teoria ad
dirittura pericoloso.
Una possibilità migliore sarebbe quella di
orientarsi verso una zona euro più flessibile,
nella quale i rappresentanti nazionali eletti ab
biano maggiore voce in capitolo. Una volta ri
pristinata la regola del “no-bailout”, poi, i gover
ni avrebbero più margine di manovra per per
seguire politiche anticicliche e rispondere alle
mutevoli priorità degli elettori. Per rendere
plausibile un simile sistema, si dovrebbe creare
un meccanismo di ristrutturazione del debito
dei governi insolventi. Ciò, unitamente alla ri
forma delle direttive previste per la capitalizza
zione delle banche permetterebbe ai mercati, e
non alla Germania, di porre un freno ai prestiti
davvero eccessivi. Preferibilmente, anche la
Bce dovrebbe ricevere il mandato di agire da
prestatore di ultima istanza per i governi illiqui
di ma solventi. Questi cambiamenti potrebbero
raccogliere un ampio consenso – e servire gli in
teressi della stessa Germania. I membri della
zona euro sono imprigionati in un matrimonio
infelice nel quale la Germania spadroneggia.
Ma la paura, da sola, non basta a tenere insieme
per sempre un rapporto. Se Angela Merkel non
rinsavirà, finirà col distruggerlo.

Philippe Legrain è stato consigliere economico
della Commissione Europea con Barroso, dal 2011 al 2014.
È Visiting senior fellow alla London School of Economics

Cancro alla prostata: test eccessivi e trattamenti eccessivi

Scritto da Bruce Davidson tramite The Brownstone Institute, L'eccessiva risposta medica alla pandemia di Covid h...