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12/12/2015

Guerre e recessione, i fondamenti della Pax Americana

Gli ultimi decenni sono stati abbastanza per capire che la fine della Guerra Fredda non è stata realmente la fine della guerra, ma piuttosto un moltiplicatore della stessa, il cui risultato è stato una verace offensiva neoimperialista degli Stati Uniti.

La creazione dell'egemonia americana sul mondo è stato il cambiamento più radicale patito dal mondo. Intere civiltà sono state distrutte — Iraq, Afghanistan, Libia, Siria- mentre gli USA si sono presi la responsabilità di essere i poliziotti del mondo.
Tuttavia l'instaurarsi dell'egemonia imperiale americana alla fine del mondo bipolare non ha condotto il mondo alla globalizzazione del sistema capitalistico e neanche a condizioni di stabilità e crescita economica. L'economia capitalistica aveva già dato segnali di cedimento negli anni '80 e '90 e dal 2008 è il centro di un sistema che sta attraversando una fase di profonda e prolungata recessione, che ancora nessuno sa quando finirà, ma che ha già portato alla distruzione dei resti dell'eccellente sistema di welfare in Europa e livelli record di disoccupazione.
E' questa l'Utopia che il Sistema imperialista e capitalista propone al mondo?
E' stato in nome di questi scenari di guerra e di crisi economica che si è proposto di distruggere tutto ciò che vi si opponeva? Per questo è stato imposto il regno del mercato e il presunto dogma della superiorità militare degli USA. E' stato con questi obiettivi che all'Europa è stato proposto di distruggere il suo passato fondato sui diritti sociali. E' con questo che gli USA invitano, o meglio costringono, gli altri paesi a partecipare ai loro accordi di partnership transoceanica.
Questo mondo miserabile fondato sulla potenza delle armi e dei soldi è arrivato al capolinea. I paesi che resistono rappresentano l'inizio di un nuovo ciclo di costruzione di un mondo basato su diritti per tutti e solidarietà.
Per tutti questi motivi la luna di miele con l'egemonia unipolare del Nord America è durata poco. I BRICS, la Cina, la Russia, i governi progressisti dell'America Latina sono legami della nuova economia multipolare del mondo e gettano le basi per una nuova geopolitica basata sulla bipolarità mondiale.
La recessione nel centro del Sistema capitalistico mondiale colpisce tutto il mondo, ma il resto del mondo non è entrato in una recessione profonda e prolungata come in passato. Gli USA non possono invadere la Siria ed attaccare l'Iran. Gli USA continuano ad essere la maggiore potenza mondiale oggi, ma stanno incontrando limiti a cui non pensavano quando trionfarono nella Guerra Fredda.
 Occorre che l'Europa si renda conto che occorre smetterla di seguire ciecamente la politica estera americana per sentirsi più sicuri. I paesi europei devono adottare un altro modello economico, non solo quello dell'austerità imposta dalla Germania. I paesi membri dei BRICS mostrano la possibilità di disegnare nuove geometrie mondiali, politiche, economiche e militari.  Con chi vuole stare l'Europa?
Il mondo segnato dall'egemonia imperiale nordamericana è un mondo di guerra e recessione.
L'America Latina ha dato un contributo importante a questo nuovo mondo multipolare, con il Mercosur, l'UNASUR, CELAC e la partecipazione diretta del Brasile nei BRICS e gli accordi firmati dai paesi della regione con Cina, Russia e BRICS stessi. Gli USA non possono più fare affidamento sul loro vecchio cortiletto. Il Messico sta pagando il prezzo della ripetuta sottomissione al suo vicino settentrionale. L'Europa è paralizzata dall'austerità. Iraq e Aghanistan sono stati distrutti dall'occupazione militare degli USA.
Il XXI secolo è uno scenario di lotta per una nuova egemonia mondiale, condivisa, democratica, consensuale, con negoziati per risolvere i conflitti ed un'economia basata sulle necessità di tutti e non l'imperativo del capitale speculativo.
Fonte:  http://it.sputniknews.com/mondo/20151211/1702926/guerra-recessione-pax.html

1/14/2013

Alert Terza Guerra Mondiale, cause e scenari

Ormai diversi analisti e giornalisti avanzano sempre più l’ipotesi che la grave crisi economica che sta massacrando le economie occidentali possa sfociare in un conflitto di scala mondiale.Tra il 2013 e il 2015 effettivamente una nuova grande guerra potrebbe abbattersi sulle nostre vite. Ma facciamo un riepilogo delle scintille che attualmente potrebbero generare questo catastrofico scenario:
1) Isole Senkaku: le isole giapponesi rivendicate dalla Cina continuano ad essere motivo di ostilità tra le due potenze orientali e con la nomina del nazionalista Abe come premier giapponese e dell’ambizioso Xi Jinping come presidente cinese, la situazione non può che peggiorare.
2) Corea: la Corea del Nord sembra non fare nessun passo indietro nella sua politica di sfida verso gli USA e verso la Corea del Sud e un incidente al confine può capitare in qualsiasi momento e degenerare in uno scontro a fuoco.
3) Elezioni in Israele: la probabile vittoria dell’attuale premier israeliano appoggiato dall’estrema destra, sarà seguita sicuramente da una politica aggressiva nei confronti dei palestinesi e dell’Iran destabilizzando per l’ennesima volta il Medio Oriente.
4) Siria: Assad sembra aver ripreso forza e sta gradualmente sconfiggendo le forze ribelli, un possibile intervento dei paesi stranieri contro l’attuale regime potrebbe portare al coinvolgimento della Russia, che ha nella Siria un sicuro alleato poiché gli offre l’accesso navale al Mediterraneo e blocca la concorrenza dell’eventuale passaggio di gasdotti arabi verso l’Europa.
5) Iran: nel 2013 ci saranno anche le elezioni in Iran e queste saranno molto determinanti, perché se il regime degli Ayatollah continua con la sua politica nucleare, un attacco preventivo di Israele si farà sempre più probabile.
6) Isole Malvinas/Falkland: l’Argentina rivendica le isole e il premier inglese Cameron si è detto pronto a combattere per difenderle.
7) India: continua il riarmo indiano e le tensioni con l’Italia potrebbero degenerare nel caso i due soldati venissero condannati, essendo questi militari di un paese della Nato.
8) Ad aggiungersi a tutti questi focolai, c’è la crisi economica in peggioramento che metterà sempre più sotto pressione tutte le potenze mondiali, che potrebbero usare la guerra come valvola di sfogo dei loro problemi interni. Inoltre, c’è sempre la possibilità di attentati inattesi o rivoluzioni che cambierebbero gli scenari attuali.
Ora vorrei descrivere un possibile scenario  bellico e dividerò, per semplificare, i paesi in due alleanze principali (ciò non toglie che potrebbero essere tre): alleanza atlantica (filo-americana) e alleanza orientale (filo-cinese). Inoltre dividerò gli stati in tre categorie: sicuri, probabili e possibili in base alla probabilità che essi siano schierati in queste due fazioni.
ATLANTICA
SICURI: Stati Uniti, Regno Unito, Giappone, Corea del Sud, Israele, Canada, Australia
PROBABILI: Unione Europea, Monarchie del Golfo, Turchia, Messico, Taiwan
POSSIBILI: Cile, Colombia, Sudafrica
ORIENTALE
SICURI: Cina, Corea del Nord
PROBABILI: Iran, Siria,Maggioranza Paesi SudAmerica, Maggioranza Paesi Asiatici
POSSIBILI: Russia e stati CSI, India, Maggioranza Paesi Africani
Questi sono i due schieramenti più probabili. Possiamo prendere in considerazione però alcune problematiche che renderebbero la situazione più complessa: l’Unione Europea potrebbe spaccarsi e scegliere la neutralità; la Russia non è poi così vicina alla Cina e potrebbe scegliere di essere neutrale o combattere una guerra parallela alla Cina, l’Unione Europea e la Russia negli ultimi anni si sono molto avvicinate, una guerra tra loro sarebbe molto dolorosa data la vicinanza territoriale e il rapporto commerciale per quanto riguarda il gas. Inoltre, sarebbe difficile un’alleanza dove sono presenti Israele e le Monarchie Arabe con la Turchia, se ci sarà una politica aggressiva verso i palestinesi; non nego che potrebbe esserci anche un’implosione economica degli USA prima o dopo il conflitto con possibili stravolgimenti di fronte.
In conclusione, lo scenario principale è uno scontro tra Usa (ed alleati) contro Cina (ed alleati). Anche perché entro il 2020 la Cina sarà la prima potenza economica e militare e gli Usa dovranno impedirlo in qualsiasi modo.Rimangono incognite le posizioni dell’Unione Europea, della Russia e dell’India.
Per quanto riguarda i paesi sudamericani, data la forte espansione di una politica anti-occidentale, il loro schieramento vicino alla Cina lo ritengo molto probabile. La mia opinione è che se scoppierà questo conflitto, non sarà un conflitto tradizionale con due schieramenti ben delineati, ma potrebbe essere una guerra con alleanze e fronti mutevoli, una guerra liquida, insomma. Prevedo, infine, un’accendersi delle tensioni nel 2013 e lo scoppio della guerra nel 2014.

Fonte:   http://www.hescaton.com/wordpress/alert-terza-guerra-mondiale-cause-e-scenari/

3/05/2012

Cyberwarfare in attesa di una "Pearl Harbor" digitale

I recenti attacchi ai siti del Dipartimento di Giustizia statunitense, della CIA e del Parlamento Europeo, perpetrati da un gruppo organizzato di internauti di nome “Anonymous”, hanno portato all’attenzione dell’opinione pubblica una questione estremamente scottante: l’uso dell’informatica a scopo militare o paramilitare.
Il problema è particolarmente rilevante per il diritto internazionale, che – sviluppatosi nel corso dei secoli – fatica in questo campo a tener testa agli sviluppi della scienza.
Se da un lato, infatti, si vanno moltiplicando gli usi militari della tecnologia informatica da parte di attori statali, dall’altro il basso costo e la relativa semplicità dello strumento lo rendono ideale per attacchi da parte di attori privati. Esempi ben noti sono, per esempio, gli attacchi alla Georgia del 2008 (mai pubblicamente ammessi dalla Russia, ma facilmente imputabili). Ma anche le recenti imprese di “Anonymous”, che ha pensato bene di ergersi con questo mezzo a difensore della libertà.

Per trovare delle regole si sta al momento procedendo per analogia con il diritto internazionale generale. Il primo complesso di norme applicabili è quello relativo all’uso della forza nelle relazioni internazionali.
La prima domanda che si pone è se un cyber-attacco possa costituire un uso della forza.
Si tratta di un quesito importante poiché, l’uso della forza nelle relazioni fra stati essendo proibito dall’art. 2 della Carta delle Nazioni Unite, se di aggressione si tratta lo stato vittima dell’aggressione godrà del diritto di autodifesa e potrà quindi rispondere. Dall’11 settembre, inoltre, si considera che questo ragionamento sia applicabile anche ad attacchi da parte di attori non statali, come per esempio organizzazioni terroristiche come Al-Quaeda o – se del caso – gruppi di hacker.
Il dibattito teorico sulla questione è stato, in passato, piuttosto incandescente. Si può ormai dire con sufficiente certezza che un attacco informatico rappresenta un attacco armato ai sensi della carta delle Nazioni Unite (e del diritto dei conflitti armati) quando le sue conseguenze sono paragonabili a quelle di un attacco cinetico. In altre parole, se uno Stato attacca il network di computer al cuore del sistema finanziario di un’altro stato, per esempio, producendo ingenti danni paragonabili a quelli causati da un attacco convenzionale, allora si sarà avuto un uso della forza. Lo stesso vale per un’attacco ad un’infrastruttura “critica”, come impianti energetici o aeroporti.
D’altro canto, almeno per il momento, bisogna presumere che un’azione senza gravi conseguenze, come quella contro il sito del Parlamento Europeo, atto soltanto a mettere fuori uso un sito, non costituisca di per sé uso della forza. Tuttavia, pare che nel caso della Georgia l’attacco informatico “russo”, che di per sé non ha provocato gravi danni, facesse parte della strategia di attacco cinetico manu militari e che fosse, quindi, un atto di aggressione in quel contesto.
Nel caso in cui si consideri un attacco informatico un atto di aggressione, si applicherà l’ “inherent right to self-defence” come da articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Gli stati avranno dunque la possibilità di rispondere ad un attacco con un uso della forza proporzionale a quella dell’attacco. Un contrattacco informatico, per esempio, sarà senza dubbio ammissibile, come anche – a seconda delle circostanze del fatto – un contrattacco con armi tradizionali.
Il punto dolente, per quanto riguarda l’uso della forza e l’autodifesa, è però la necessità di attribuire l’attacco ad uno stato. È infatti estremamente difficile scoprire l’origine fisica di un attacco informatico e, ancor più, attribuirlo con certezza ad uno stato.
Alcune regole si stanno già trovando, fra cui la più rilevante, di natura consuetudinaria e ancora in via di formazione, è la cosiddetta “imputed responsibility” (responsabilità imputata). La nuova norma prevedrebbe che, ove uno stato non applichi la dovuta diligenza nel prevenire e punire questi attacchi e rifiuti di collaborare con le vittime a tale fine, ad esso venga attribuita la responsabilità dell’evento (“imputed responsibility”). La vittima potrebbe quindi agire contro quello stato. Si tratta di un approccio non privo di problemi, ma una brutta toppa è pur sempre una toppa.
Il secondo regime rilevante, che si applicherà in seguito ad un cyberattacco, è il diritto dei conflitti armati, incarnato principalmente dalle Convenzioni di Ginevra (1949) e dagli Accordi dell’Aia (1899 e 1907). Questa venerabile branca del diritto internazionale contiene una serie di principi che debbono essere applicati in situazione di conflitto armato e, di conseguenza, anche di cyberconflitto.
Qui sorgono numerosi problemi di interpretazione. Per esempio, una risposta convenzionale ad un attacco informatico potrà difficilmente essere proporzionale in questo senso, data la distruzione fisica che causerebbe, e difficilmente potrà non causare sofferenze eccessive. Per il resto, lo jus in bello è di dubbia utilità, dati i profili particolari di un cyberattacco, che non comporta, per esempio, l’occupazione del territorio nemico.
Come si è visto, vi sono poche certezze: attacchi informatici di una certa gravità possono essere considerati attacchi armati se imputabili ad uno stato, mentre se sono perpetrati da gruppi di individui rimangono una questione penale interna (salvo l’eventuale possibilità di considerare quel gruppo un’organizzazione terroristica o di ascriverne l’azione ad uno stato). Per il resto, molte domande non hanno finora trovato una risposta convincente. Si sta ancora aspettando, insomma, una Pearl Harbor digitale che permetta di regolare tutte queste questioni.
In alcuni casi, come si è visto, le risposte si stanno profilando all’orizzonte. In sostanza, la comunità internazionale ha due possibilità: per quanto riguarda i “cybercrimini”, come la distribuzione di materiale pedopornografico, la vendita di materiale illecito e, eventualmente, lo spionaggio industriale, un trattato di cooperazione in materia penale potrebbe risolvere molti problemi. Lo si è visto, per esempio, con la European Cybercrime Convention, rilevante però soltanto in Europa.
D’altro canto, per il problema dei cyberattacchi propriamente detti – cioè di tipo militare – un trattato multilaterale, per quanto desiderabile, sembra al momento impossibile.
Tuttavia, recenti proposte in seno a organizzazioni come la NATO, l’ONU e l’Unione Europea sembrano tracciare il cammino verso delle regole condivise. Nel frattempo, sarà necessario continuare ad andare a tentoni, per analogia e per “soft law”, di caso in caso.
Dopotutto, se guerra informatica deve essere – e per certi versi lo è già – sarebbe meglio arrivarci preparati. Per inciso, l’Italia, stando ai rapporti in materia, ha ancora molta strada da percorrere.



Autore: Luca Bolzonello: http://www.libertiamo.it/2012/02/22/cyberwarfare-in-attesa-di-una-pearl-harbor-digitale/

8/19/2011

Il mondo in guerra

Attualmente i conflitti in corso sono 32 sulla cartina manca quello della Libia.
I signori che producono armi e le vendono non conoscono crisi.
Altre zone si stanno scaldando e presto inizieranno nuovi conflitti.
Le crisi portano GUERRA.

1/06/2009

I Bambini Palestinesi

Domani 07/01-2009
é il Natale Ortodosso , ma questo Natale è insanguinato dalla guerra in atto tra Israele e Palestinesi, sia ben chiaro io non sono schierato ne per gli uni ne per gli altri anche se per la mia natura dovrei esserlo per 1 dei 2, anno ragione e torto tutti e 2.
Il mio cuore è triste e sanguina pietà, pietà per coloro che non sanno perché tutto questo avviene.
L' uccisione di molti Bambini non ha senso non c'è una logica.
Con i mezzi che esistono oggi si può condurre una qualsiasi guerra si voglia evitando sofferenze a chi non ha colpe , siiiii i bambini non sono colpevoli delle decisioni scellerate dei grandi.
Se l'umanità terrestre non imparerà a proteggere i piccoli un domani ne pagherà le conseguenze, i bambini vanno preservati e protetti sotto ogni punto di vista, sono il futuro e la continuazione della specie umana.
Altre guerre violente avverranno nei prossimi anni come è già avvenuto nel passato, si ammazzeranno tra di loro, esseri umani contro altri esseri umani, al solo scopo di contendersi la supremazia su qualcosa di indefinito, di alimentare il mercato che ruota intorno alle armi da guerra o di imporre un'ideologia politica o religiosa al solo fine del potere, che alla fine riescono a ottenere solo in maniera limitata ma non a conservare in eterno.!!!!!!!!!

Questo non è capitalismo e sarà sempre peggio.

"Per favore, considerate tutti questi fattori la prossima volta che qualcuno denuncerà il sistema statunitense come il mi...