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3/13/2011

Globalizzazione

Con tale termine si fa riferimento a un processo di integrazione che interessa le economie, le culture e i costumi dell’ intero pianeta. Tale processo prese avvio già all’ inizio del secolo scorso con la rivoluzione industriale che interessò da prima l’ Inghilterra e quindi l’ Europa, gli Stati Uniti e il Giappone. In quel momento, infatti, all’ interno dei sistemi economici si è innescata una dinamica i cui effetti sono giunti fino a noi: dopo che per secoli i sistemi economici, da quello feudale a quello mercantilistico, erano stati fondamentalmente chiusi, basati sulla crescita di un’economia a scapito di un’altra, l’industrializzazione ha imposto l’ apertura degli scambi e ha dato avvio alla mobilità territoriale di persone e tecnologie, destinata a divenire sempre più intensa. E così, come allora
l’ invenzione di nuovi mezzi di trasporto, in particolare il treno, contribuì ad avvicinare le distanze tra un punto e l’ altro del pianeta, negli ultimi decenni una tendenza simile viene proseguita con gli aerei supersonici e con i treni superveloci.
Il contributo determinante, però, al “rimpicciolimento”odierno del pianeta è venuto dalla rivoluzione informatica e soprattutto dalla possibilità di integrare i sistemi informatici con quelli delle telecomunicazioni. Con l’ avvento delle fibre ottiche e con la trasformazione delle linee telefoniche in segnali decodificabili anche tramite i computer, è attualmente possibile inviare in ogni parte del mondo un numero infinito di informazioni sotto forma di dati, testi, suoni, immagini. Con la messa a punto di Internet, poi, il sistema comunicativo che permette di stabilire un collegamento tra milioni di computer sparsi in ogni angolo della Terra, questo processo ha raggiunto una dimensione di massa, che coinvolge quotidianamente diversi milioni di persone. Questa possibilità di collegare in pochi secondi luoghi distanti migliaia di chilometri ha finito per condizionare anche i sistemi di produzione e di commercializzazione. Poter far viaggiare attraverso il computer qualsiasi tipo di informazione, per esempio, facilita la commercializzazione dei prodotti, elimina la necessità dei contatti diretti tra produttori e consumatori, permette alle imprese di trasferire buona parte delle loro attività in paesi diversi, mantenendosi in collegamento attraverso reti di computer. L’ opportunità di accedere a mercati mondiali fa mutare anche lo spirito concorrenziale delle imprese, che non si trovano più a competere soltanto con quelle che agiscono nello stesso territorio ma anche con quelle che hanno sede in altre parti del mondo. La concorrenza investe non solo il momento della commercializzazione e quello della produzione, ma anche con quello del lavoro: per le imprese occidentali il trasferimento di molti stabilimenti produttivi in regioni asiatiche, infatti, è stato facilitato dalle innovazioni introdotte dall’ informatica, ma è stato anche dettato dalla possibilità di poter sfruttare una forza-lavoro decisamente meno costosa, meno sindacalizzata e meno gravata da oneri sociali. Sotto questo aspetto, allora, il processo di Globalizzazione nasconde risvolti importanti anche per ciò che riguarda la crisi del Welfare State: tale sistema di protezione sociale, diffusosi soprattutto in Europa per offrire al lavoratore una serie di garanzie accessorie al lavoro, risulta troppo costoso, anche a causa di una gestione inefficiente, e rischia di mettere in crisi la sopravvivenza stessa del posto di lavoro. In particolare le multinazionali, attratte dalla possibilità di pagare a un costo più basso e quindi di realizzare guadagni più elevati, preferiscono trasferire le loro produzioni dall’Occidente all’Oriente.
Un’altra conseguenza della Globalizzazione riguarda i mercati finanziari; attraverso le reti telematiche, infatti, è possibile spostare capitali, acquistare titoli azionari, effettuare qualsiasi tipo di operazione speculativa digitando un tasto del computer. Ecco allora che le borse di tutto il mondo, i luoghi in cui vengono vendute e acquistate le azioni delle società, diventano un unico grande mercato, aperto 24 ore al giorno.
Al di là delle singole manifestazioni, però, è importante tener presente che questo processo di mondializzazione dei mercati condiziona ogni contesto della vita quotidiana.
Lo stesso fenomeno è riscontrabile per la cosiddetta fabbrica culturale, quella che cioè si occupa della vendita di programmi televisivi, di film cinematografici, libri. Attraverso questi strumenti vengono veicolati oltre alle conoscenze, anche le mode, i fenomeni sociali, perfino il sentire religioso. Si può concludere che il processo di globalizzazione contribuisce a fare del pianeta un unico villaggio “globale”, all’interno del quale, come aveva previsto il filosofo canadese Marshall McLuhan, le diverse società, fino ad ieri distinte per cultura e storia, vengono accomunate dal guardare le stesse trasmissioni TV e gli stessi film, dal ricevere le stesse informazioni sui medesimi eventi, dall’ ascoltare la stessa musica e dal condividere gli stessi miti.
Un ultimo fattore di avvicinamento tra i popoli del pianeta è l’immigrazione. Ormai da qualche decennio infatti, è in atto un flusso migratorio che porta migliaia di persone dalle regioni del sud del mondo, povere e depresse, verso quelle del nord industrializzate. Tale processo favorisce l’incontro tra culture diverse, fa assumere alle città occidentali connotati cosmopoliti, luoghi in cui è possibile venire a contatto con persone di razze e tradizioni diverse. Bisogna dire, però, che molte società occidentali non sono ancora preparate alla multietnicità, nel senso che non hanno legislazioni e strutture adeguate all’accoglimento degli emigrati. L’incontro di individui di razze diverse viene vissuto come un’emergenza, come un problema di ordine pubblico che genera paura, tensioni sociali e insidie alla tranquillità. Anche per questo si risvegliano sussulti razzistici o comunque sentimenti egoistici e intolleranti. Ciò significa che la globalizzazione, come fenomeno economico e comunicativo, non sempre procede di pari passo con la mentalità collettiva, che stenta a pensare in termini di “dimensione mondo” e che trova molto difficile farsi carico della complessità che tale dimensione comporta.

Questo non è capitalismo e sarà sempre peggio.

"Per favore, considerate tutti questi fattori la prossima volta che qualcuno denuncerà il sistema statunitense come il mi...