Crisi: Zhang, investire in Italia? Impossibile. Troppe tasse e burocrazia. Meglio la Germania
Investire in Italia? Impossibile. L'imprenditoria cinese boccia nei fatti l'appello dell'ex premier Mario Monti
a venire nella penisola. Il bilancio è impietoso: mentre nel nostro
Paese le imprese cinesi sono una trentina, in Germania sono un migliaio.
L'Italia è, dati alla mano, terra ostile per gli imprenditori cinesi. A
denunciarlo è Zhang Gang, delegato generale del Ccpit (China Council
for the Promotion of International Trade) di Milano. «Burocrazia - dice
all'Adnkronos - troppe tasse e disattenzione istituzionale» sono alcuni
dei deterrenti all'attività imprenditoriale cinese in Italia.
La denuncia arriva proprio mentre in Italia e nel sud Europa in
realtà, come documentato dall'ultimo bollettino di Bankitalia, è ripreso un afflusso di capitali stranieri.
Un'Italia, quella tratteggiata Zhang, che sembra dunque indifferente
alle opportunità di commercio con la seconda economia mondiale. Si
mostra «collaborativa solo a parole - spiega il delegato - ma non nei
fatti. Nella penisola per gli imprenditori cinesi e' difficile persino
organizzare gli impegni quotidiani».
Dal mandare i figli a scuola al guidare l'automobile, dall'ottenere
il visto al trovare intese coi sindacati, tanti sono gli impedimenti
all'avvio di aziende da parte di businessman della Repubblica popolare
evidenziati dal delegato generale. Gli industriali cinesi preferiscono
altre economie europee: a partire dalla Germania dove gli investimenti
cinesi sono i benvenuti e agevolati. Ma non solo. Gli imprenditori della
Terra di mezzo si trovano meglio anche in Svizzera dove negli ultimi
anni hanno aperto la sede 80 aziende.
Più numerosi gli insediamenti in Francia, dove stanno sviluppando il
loro business 160 imprese. Intimorisce i cinesi anche il fronte della
giustizia italiana: «In particolare - spiega Zhang - i tempi lunghissimi
della giustizia, per cui una causa dura in media 7 anni e mezzo». E
ancora: l'assenza di mobilità dei lavoratori costituisce un ulteriore
intralcio.
Secondo il delegato generale, che si dice stupito per l'incapacità
italiana di cogliere appieno le opportunità di scambio commerciale colla
Cina, «Il numero delle imprese cinesi in Italia raddoppierebbe,
passando dalla trentina attuale ad almeno sessanta, se non ci fosse la
barriera della burocrazia».
Zhang ricorda che compito del Ccpit in Italia è quello di favorire
la cooperazione commerciale sino-italiana, tema verso il quale le
istituzioni italiane gli sembrano poco ricettive: «Sono arrivato in
Italia - spiega - ad aprile di quest'anno. Sono stato in sei regioni
italiane: in ognuna di esse ho atteso con ansia l'inizio di una
collaborazione con amministrazione locale e Camera di Commercio per
aiutare l'export italiano verso la Cina, ma sebbene le istituzioni si
siano sempre dette ben disposte, in effetti non hanno mai fatto nulla.
Prima mi dicevano 'Ok!, bene!', con entusiasmo, poi non si attivavano,
lasciando morire l'iniziativa».
Burocrazia e disattenzione degli organi istituzionali a parte, Zhang
enumera ulteriori problemi. In primo luogo quello delle tasse: «Sono
molto pesanti e gli imprenditori ne pagano di ogni tipo'». È
problematico in molti casi anche l'ingresso nel Paese: «Difficile
ottenere il visto». Ai pochi che riescono a stabilirsi in Italia e sono
pronti ad avviare le proprie imprese, si presentano problemi relativi al
vivere quotidiano: «Mandare a scuola i figli piccoli è problematico e
non e' permesso guidare l'automobile a chi non è in possesso di una
patente italiana. Ma come si puo' pretendere che gli imprenditori cinesi
superino l'esame di guida in una lingua che non conoscono?».
In relazione, poi, alle dinamiche aziendali, un impiccio è costituito
dall'eccessiva tutela dei lavoratori: «'I sindacati proteggono solo gli
interessi dei dipendenti, a differenza di quanto accade in Cina».
Nell'ottica imprenditoriale, questo rappresenta un problema perché
«l'assenza di mobilità negli impieghi genera contrasti che sfociano in
cause giudiziarie». Ciò si traduce in controversie che si trascinano per
anni in tribunale: «Una causa in Italia dura 7 anni e mezzo prima che
si pervenga ad una soluzione; è davvero un tempo troppo lungo!».
L'Italia non sembra dunque pronta a cogliere l'offerta cinese, in un
momento in cui c'è così bisogno di nuovi flussi di capitale. Per questo
motivo il delegato generale Zhang spera che «la Camera di Commercio e le
amministrazioni locali italiane agiscano con vigore a supporto delle
imprese; e non solo a parole, bensì con atti concreti» e cita a
proposito una massima del Grande Timoniere: «Il presidente Mao diceva:
'Cercare la verita' nei fatti'. Bisogna cercare la verità nei fatti per
aiutare le aziende ad entrare nel mercato cinese».
A dispetto degli impedimenti, Zhang ritiene che «permangano grandi
possibilità» riguardo alle prospettive di sviluppo della cooperazione
commerciale sino-italiana ed espone alcuni dati che reputa
incoraggianti: «Il commercio italo-cinese ha raggiunto l'anno scorso un
volume di 547 milioni di dollari, che non è molto. Ma sono tanti i
cinesi che vengono ad acquistare i prodotti italiani. Per esempio,
l'anno scorso un milione di turisti cinesi si è recato in Italia,
destinazione o luogo di transito che fosse, spendendo in media 500 euro
pro capite per lo shopping. In Germania 150 euro, in Francia 120 euro,
in Svizzera 110 euro e in Olanda 100 euro. Quest'anno, in occasione del
capodanno cinese, verranno in Italia, concentrandosi a Milano, circa
2.000 visitatori dalla Repubblica Popolare. Tali persone sono potenziali
acquirenti ed è presumibile che spenderanno a testa per lo shopping
all'incirca 1.200 euro».
Zhang dice poi che le banche cinesi «stanno facendo davvero bene»
nello svolgere il loro ruolo di agevolazione dei reciproci investimenti
tra i due Paesi: «Il sistema bancario fornisce un aiuto alle imprese
italiane e cinesi che vogliano investire nell'altro Paese, erogando loro
prestiti di denaro».
«Se sussiste la possibilità che l'investimento sia fruttifero, allora
il sistema bancario offre supporto finanziario all'investitore. Se per
ipotesi in Italia si tenesse un evento importante, in cui volessimo
investire, le nostre banche (come Icbc o Bank of China) potrebbero
effettuare un prestito in tempi immediati».
Il cambio di governo in Cina, la successione di Xi Jinping
(in carica dallo scorso 15 novembre) a Hu Jintao quale Segretario
Generale del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, porterà,
secondo Zhang, un incremento nelle relazioni commerciali sino-italiane:
«Il signor Xi Jinping è stato eletto come Segretario Generale. La sua
entrata in carica ha addotto l'encomiabile obiettivo di raddoppiare
entro il 2020 il Pil cinese rispetto al 2010, al fine di portare il
popolo cinese al benessere. Il suo spirito pragmatico avrà un ruolo
importante nella promozione della collaborazione commerciale
italo-cinese. Esistono numerose possibilità inesplorate di
collaborazione commerciale sino-italiana che noi cinesi siamo
determinati a scoprire».
Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2013-01-19/crisi-zhang-investire-italia-150739.shtml?uuid=Ab9TZvLH
Governo mondiale e stranezze della Globalizzazione risparmiatori consumatori spogliati dall'inflazione e dalla speculazione,banche sempre meno trasparenti.Imbevitori di ogni sorta pronti a qualsiasi cosa purché di guadagni facili.Politici con nuove leggi che gravano sempre più sul comune cittadino,illuminati maghi,filantropi,onlus,coop,sette religiose,massoni.Piramidi sempre più perfette e ben studiate. La parola fondi che in realtà significa che non saranno mai riempiti a discapito di qualcuno.
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1/20/2013
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