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1/20/2013

#Italia futuro e liberta

 Crisi: Zhang, investire in Italia? Impossibile. Troppe tasse e burocrazia. Meglio la Germania

Investire in Italia? Impossibile. L'imprenditoria cinese boccia nei fatti l'appello dell'ex premier Mario Monti a venire nella penisola. Il bilancio è impietoso: mentre nel nostro Paese le imprese cinesi sono una trentina, in Germania sono un migliaio. L'Italia è, dati alla mano, terra ostile per gli imprenditori cinesi. A denunciarlo è Zhang Gang, delegato generale del Ccpit (China Council for the Promotion of International Trade) di Milano. «Burocrazia - dice all'Adnkronos - troppe tasse e disattenzione istituzionale» sono alcuni dei deterrenti all'attività imprenditoriale cinese in Italia.
La denuncia arriva proprio mentre in Italia e nel sud Europa in realtà, come documentato dall'ultimo bollettino di Bankitalia, è ripreso un afflusso di capitali stranieri.
Un'Italia, quella tratteggiata Zhang, che sembra dunque indifferente alle opportunità di commercio con la seconda economia mondiale. Si mostra «collaborativa solo a parole - spiega il delegato - ma non nei fatti. Nella penisola per gli imprenditori cinesi e' difficile persino organizzare gli impegni quotidiani».
Dal mandare i figli a scuola al guidare l'automobile, dall'ottenere il visto al trovare intese coi sindacati, tanti sono gli impedimenti all'avvio di aziende da parte di businessman della Repubblica popolare evidenziati dal delegato generale. Gli industriali cinesi preferiscono altre economie europee: a partire dalla Germania dove gli investimenti cinesi sono i benvenuti e agevolati. Ma non solo. Gli imprenditori della Terra di mezzo si trovano meglio anche in Svizzera dove negli ultimi anni hanno aperto la sede 80 aziende.
Più numerosi gli insediamenti in Francia, dove stanno sviluppando il loro business 160 imprese. Intimorisce i cinesi anche il fronte della giustizia italiana: «In particolare - spiega Zhang - i tempi lunghissimi della giustizia, per cui una causa dura in media 7 anni e mezzo». E ancora: l'assenza di mobilità dei lavoratori costituisce un ulteriore intralcio.
Secondo il delegato generale, che si dice stupito per l'incapacità italiana di cogliere appieno le opportunità di scambio commerciale colla Cina, «Il numero delle imprese cinesi in Italia raddoppierebbe, passando dalla trentina attuale ad almeno sessanta, se non ci fosse la barriera della burocrazia».
Zhang ricorda che compito del Ccpit in Italia è quello di favorire la cooperazione commerciale sino-italiana, tema verso il quale le istituzioni italiane gli sembrano poco ricettive: «Sono arrivato in Italia - spiega - ad aprile di quest'anno. Sono stato in sei regioni italiane: in ognuna di esse ho atteso con ansia l'inizio di una collaborazione con amministrazione locale e Camera di Commercio per aiutare l'export italiano verso la Cina, ma sebbene le istituzioni si siano sempre dette ben disposte, in effetti non hanno mai fatto nulla. Prima mi dicevano 'Ok!, bene!', con entusiasmo, poi non si attivavano, lasciando morire l'iniziativa».

Burocrazia e disattenzione degli organi istituzionali a parte, Zhang enumera ulteriori problemi. In primo luogo quello delle tasse: «Sono molto pesanti e gli imprenditori ne pagano di ogni tipo'». È problematico in molti casi anche l'ingresso nel Paese: «Difficile ottenere il visto». Ai pochi che riescono a stabilirsi in Italia e sono pronti ad avviare le proprie imprese, si presentano problemi relativi al vivere quotidiano: «Mandare a scuola i figli piccoli è problematico e non e' permesso guidare l'automobile a chi non è in possesso di una patente italiana. Ma come si puo' pretendere che gli imprenditori cinesi superino l'esame di guida in una lingua che non conoscono?».
In relazione, poi, alle dinamiche aziendali, un impiccio è costituito dall'eccessiva tutela dei lavoratori: «'I sindacati proteggono solo gli interessi dei dipendenti, a differenza di quanto accade in Cina». Nell'ottica imprenditoriale, questo rappresenta un problema perché «l'assenza di mobilità negli impieghi genera contrasti che sfociano in cause giudiziarie». Ciò si traduce in controversie che si trascinano per anni in tribunale: «Una causa in Italia dura 7 anni e mezzo prima che si pervenga ad una soluzione; è davvero un tempo troppo lungo!».
L'Italia non sembra dunque pronta a cogliere l'offerta cinese, in un momento in cui c'è così bisogno di nuovi flussi di capitale. Per questo motivo il delegato generale Zhang spera che «la Camera di Commercio e le amministrazioni locali italiane agiscano con vigore a supporto delle imprese; e non solo a parole, bensì con atti concreti» e cita a proposito una massima del Grande Timoniere: «Il presidente Mao diceva: 'Cercare la verita' nei fatti'. Bisogna cercare la verità nei fatti per aiutare le aziende ad entrare nel mercato cinese».
A dispetto degli impedimenti, Zhang ritiene che «permangano grandi possibilità» riguardo alle prospettive di sviluppo della cooperazione commerciale sino-italiana ed espone alcuni dati che reputa incoraggianti: «Il commercio italo-cinese ha raggiunto l'anno scorso un volume di 547 milioni di dollari, che non è molto. Ma sono tanti i cinesi che vengono ad acquistare i prodotti italiani. Per esempio, l'anno scorso un milione di turisti cinesi si è recato in Italia, destinazione o luogo di transito che fosse, spendendo in media 500 euro pro capite per lo shopping. In Germania 150 euro, in Francia 120 euro, in Svizzera 110 euro e in Olanda 100 euro. Quest'anno, in occasione del capodanno cinese, verranno in Italia, concentrandosi a Milano, circa 2.000 visitatori dalla Repubblica Popolare. Tali persone sono potenziali acquirenti ed è presumibile che spenderanno a testa per lo shopping all'incirca 1.200 euro».
Zhang dice poi che le banche cinesi «stanno facendo davvero bene» nello svolgere il loro ruolo di agevolazione dei reciproci investimenti tra i due Paesi: «Il sistema bancario fornisce un aiuto alle imprese italiane e cinesi che vogliano investire nell'altro Paese, erogando loro prestiti di denaro».
«Se sussiste la possibilità che l'investimento sia fruttifero, allora il sistema bancario offre supporto finanziario all'investitore. Se per ipotesi in Italia si tenesse un evento importante, in cui volessimo investire, le nostre banche (come Icbc o Bank of China) potrebbero effettuare un prestito in tempi immediati».
Il cambio di governo in Cina, la successione di Xi Jinping (in carica dallo scorso 15 novembre) a Hu Jintao quale Segretario Generale del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese, porterà, secondo Zhang, un incremento nelle relazioni commerciali sino-italiane: «Il signor Xi Jinping è stato eletto come Segretario Generale. La sua entrata in carica ha addotto l'encomiabile obiettivo di raddoppiare entro il 2020 il Pil cinese rispetto al 2010, al fine di portare il popolo cinese al benessere. Il suo spirito pragmatico avrà un ruolo importante nella promozione della collaborazione commerciale italo-cinese. Esistono numerose possibilità inesplorate di collaborazione commerciale sino-italiana che noi cinesi siamo determinati a scoprire».
Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2013-01-19/crisi-zhang-investire-italia-150739.shtml?uuid=Ab9TZvLH

Questo non è capitalismo e sarà sempre peggio.

"Per favore, considerate tutti questi fattori la prossima volta che qualcuno denuncerà il sistema statunitense come il mi...